Nelle 366 foto di Robert Capa a palazzo Roverella la storia del XX secolo

Sabato 8 Ottobre 2022 di Elisabetta Zanchetta
La vernice della mostra di Robert Capa a palazzo Roverella

ROVIGO - La storia è testimonianza del passato, luce di verità, vita della memoria. Lo diceva Cicerone, e ne è di esempio Robert Capa, presente da ogg a palazzo Roverella, in una mostra a lui dedicata (aperta al pubblico fino al 29 gennaio 2023). 366 fotografie, le pubblicazioni dei suoi reportage sulla stampa francese e americana dell’epoca, gli estratti di suoi testi sulla fotografia, che tra gli altri toccano argomenti come la sfocatura, la distanza, il mestiere, l’impegno politico, la guerra, insieme a estratti di un film di Patrick Jeudy a lui dedicato (in cui John G. Morris commenta con emozione documenti che mostrano Capa in azione sul campo), e la registrazione sonora di un’intervista di Capa a Radio Canada, rappresentano un viaggio da intraprendere per vedere ciò che spesso la storia nasconde.

EVENTI IMMORTALATI

Perché non si tratta soltanto di narrare le notizie, le esperienze, ma di immortalare gli eventi “restandoci dentro”raccontando attraverso gli occhi, gli sguardi, la gestualità degli ‘ultimi’ di quelli che nella storia ci sono rimasti incastrati dentro senza volerlo, cos’è veramente la guerra, la povertà, l’esperienza di vivere ogni giorno. Selezionate dagli archivi dell’agenzia Magnum Photos, gli scatti di Capa ripercorrono le tappe principali della sua carriera, dando il giusto spazio ad alcune delle opere più iconiche che hanno incarnato la storia della fotografia del ‘900. «Capa non è un fotografo etico, che ragiona intorno al comportamento umano di fronte al concetto di bene e male – sottolinea il sindaco Edoardo Gaffeo, durante la presentazione della mostra -, lasciando da parte la logica del diritto e della politica. Ci chiede di interrogarci sul bene e sul male, sul nostro ruolo nella società».

LA PROFONDITÀ

«Nelle fotografie di Capa l’occhio vene ammaestrato dal cervello per vedere le cose più in profondità – aggiunge Giovanni Boniolo, presidente dell’Accademia dei Concordi -. Gli scatti assumono una connotazione simbolica, sono una esperienza cognitiva che accomuna la collettività, esprimendo uno stato d’animo percepito da tutti».
Alla presentazione dell’evento, presenti anche i rappresentanti degli organismi promotori Dario Cimonelli (direttore generale Silvana Editoriale), Gilberto Muraro (presidente della Fondazione Cariparo), Michele Coppola (executive director arte, cultura e beni storici Intesa Sanpaolo) e Gabriel Bauret (curatore della mostra) che spiega come è nata la mostra: «Capa al Roverella rappresenta la testimonianza dell’ascesa del totalitarismo, durante il periodo che va dal 1932 al 1954, di movimenti, violenze, esclusioni, vittime, emigranti, vista attraverso una retrospettiva non tradiziona. Spinge il pubblico a interrogarsi su eventi passati che hanno analogie con quelli attuali; evidenzia i tempi deboli ovvero quei momenti in cui l’azione si interrompe e il fotografo sposta l’attenzione su altri soggetti, passando oltre le immagini iconiche della guerra. La sua opera è molto varia, il suo sguardo cinematografico, tanto da mischiare realtà e finzione e ispirare il regista Spielberg per alcune scene del film “Salvate il soldato Ryan. Nella sequenza dello sbarco in Normandia gli uomini tornano a essere uomini, i soldati da eroi a antieroi”.

9 SEZIONI

La mostra si articola in 9 sezioni: Fotografie degli esordi, 1932 – 1935; La speranza di una società più giusta, 1936; Spagna: l’impegno civile, 1936 – 1939; La Cina sotto il fuoco del Giappone, 1938; A fianco dei soldati americani, 1943 – 1945; Verso una pace ritrovata, 1944 – 1954; Viaggi a est, 1947 – 1948; Israele terra promessa, 1948 – 1950; Ritorno in Asia: una guerra che non è la sua, 1954.
 

Ultimo aggiornamento: 09:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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