ROVIGO L’appello della famiglia di Luca Nogaris è stato subito accolto dagli amici. L’ingente somma, 13mila euro, per il rimpatrio della salma del rodigino trovato morto insieme all’amico e collega Alessio Picelli, anch’egli rodigino, in un appartamento che avevano affittato a New York, nel Queens, è al centro di una raccolta fondi che è stata subito lanciata appunto dagli amici polesani.
LE DIFFICOLTÀ
In questo senso Bardella conferma quanto aveva detto il padre Flavio su queste colonne ieri. «Dagli Stati Uniti ci hanno chiesto 13mila euro per riportare a casa la salma di Luca: io prendo mille euro di pensione, l’ex moglie Stefania vive con tre bambini piccoli. Come facciamo a sostenere una spesa del genere? Siamo veramente amareggiati perché la situazione sta prendendo una brutta piega, c’è qualcosa di poco chiaro nella vicenda. La nostra famiglia non ha i soldi». Proprio l’ex moglie Stefania Zambon , spiega ancora Bardella, «martedì ci darà l’Iban di un conto corrente aperto appositamente per i versamenti, ma intanto noi abbiamo cominciato a raccogliere i fondi ieri sera alla pizzeria Da Nino, in Commenda est: c’è una cassetta dove si può lasciare un contributo».
ATTESE RISPOSTE
Nel frattempo si è sempre in attesa dell’esito dell’autopsia sui due rodigini per chiarire le cause della loro morte. Come oramai tristemente noto, Nogaris e Picelli sono stati ritrovati senza vita sei giorni fa in un appartamento nel Queens. I risultati degli esami autoptici dovranno fare luce su quello cui le famiglie non credono, ossia l’ipotesi di overdose di droga o di mix letali, come invece sostiene la pista primaria sulle quali è orientata la polizia di New York da subito. A chiamarla era stato il terzo socio in affari, un veronese di 50 anni, rientrato sabato mattina in Italia, ma irrintracciabile, e che potrebbe dare ulteriori elementi su quanto visto nella casa. Perché, come detto, l’idea che i due rodigini siano vittime di assunzioni di droghe non convinxono per prima Stefania Zambon, che oltre a ricordare di dover procedere con le pratiche per il rimpatrio della salma entro il 25 agosto, di qui anche la fretta di raccogliere la somma necessaria, ritiene ci sia «uno strano silenzio. Sono sempre più convinta non si tratti di overdose. Il laccio emostatico trovato in appartamento era stato usato dai paramedici, perché lui odiava gli aghi. Non è morto per droga, continuo a credere che gli hanno fatto qualcosa. Vorrei capire se sono state fatte delle foto sulla scena della tragedia, quando sono arrivati i poliziotti, prima o dopo? Se le hanno fatte dopo, è naturale che a terra ci siano tutti gli strumenti utilizzati dai paramedici».