Iras nella bufera, i sindacati: «L'occupazione viene prima dei conti»

Giovedì 10 Febbraio 2022 di Francesco Campi
Presidio dei lavoratori dell'Iras davanti alla sede amministrativa dell'ente in via Giro a Rovigo

ROVIGO «La discussione sull’Iras si è incentrata su conti, ma quello che conta davvero sono gli ospiti e i lavoratori: è questo che deve essere messo al centro ed è su questo che la politica deve agire». Chiaro e diretto il messaggio lanciato ieri nella manifestazione dei lavoratori dell’Iras organizzata unitariamente da Cgil, Cisl e Uil, presenti con i segretari di categoria, Davide Benazzo della Fp Cgil, Franco Maisto della Cisl Fp e Cristiano Maria Pavarin della Uil Fpl, oltre al segretario provinciale della Cgil Pieralberto Colombo e la segretaria territoriale della Cisl Stefania Botton. 


Al presidio davanti agli uffici amministrativi di via Giro, a San Bortolo, erano presenti anche i consiglieri comunali della Lega Michele Aretusini, Valentina Noce e Lorenzo Rizzato. «Fra San Bortolo e Casa Serena, l’Iras conta 203 lavoratori, 81 dei quali precari – ha evidenziato Benazzo –. Quindi quasi il 50% sono sulla graticola, in attesa di capire il proprio futuro. Altra questione: fra i debitori, ci sono anche gli stessi lavoratori, che stanno prestando di tasca loro circa un milione di produttività non pagata. Non mi importa di chi è la colpa, ma che ci sia una soluzione che salvaguardi i lavoratori. E basta andare nei reparti per vedere come lavorano. C’è appena stata una riunione in Prefettura, mi dispiace che mancassero proprio i lavoratori. Si discute del futuro di Casa Serena e questo significa, in ogni caso il futuro dai 50 ai 60 posti di lavoro. I problemi non li ha solo l’Iras con Casa Serena, ma anche Badia, Papozze e altre, segno che è sbagliata la politica regionale e che il territorio ci ha messo del suo».

LE RESPONSABILITÀ
« È ora - continua Benazzo - che il territorio e la politica si facciano carico del problema, non chi paga cosa, ma il futuro dei nostri anziani, dei quali mi sembra nessuno si preoccupi davvero, e il futuro dei lavoratori. Se anche il Comune dovesse versare 2 milioni per ripianare parte dei debiti, ma poi si ricadesse nelle esternalizzazioni, anche questo a noi non va bene. Il tema è: qual è il piano industriale?» 
Su questa linea ha proseguito anche Maisto: «Il global service porterebbe Rovigo a perdere ulteriore potere dopo quello già perso con il commissariamento. E porrebbe un problema di perdita di posti di lavoro pubblici. Negli anni si sono succeduti vari commissari: di piani industriali si è più volte parlato, ma mai è stata messa una carta sul tavolo. A fine gennaio, la scadenza per il pagamento degli stipendi non è stata rispettata, senza preavviso. Poi, parlando con il commissario, ci viene detto che non resta che portare i libri in Tribunale. Sarebbe un disastro, una sconfitta per tutti. In questo momento il Comune ha i soldi, ma il problema è giuridico, non di cassa, perché si tratta di trovare un modo per definire un accordo che rientri in quando previsto dalle norme. Noi vogliamo denunciare alla città che i lavoratori sono preoccupati: perciò abbiamo chiesto un consiglio comunale straordinario e un’audizione alla V commissione del consiglio regionale. Vedo qui alcuni consiglieri comunali, ma ho già assistito ad attacchi incrociati: abbiamo già visto in passato questi conflitti a cosa hanno portato, l’invito quindi è a trovare insieme una soluzione, per il futuro di circa 400 lavoratori, fra dipendenti ed indotto». 

RUOLO FONDAMENTALE
Anche Pavarin ha rimarcato il «ruolo fondamentale del piano industriale, che era stato al centro del confronto dei mesi scorsi al tavolo aperto in Prefettura.

La necessità di arrivare rapidamente a una sua stesura sembrava l’unica cosa condivisa e c’erano ipotesi su come definire le linee per il futuro dell’Iras. Ora, invece, il piano industriale è improvvisamente sparito e la discussione è solo su chi paga cosa. Ecco, forse bisogna sempre ricordarsi che sul territorio del Comune di Rovigo, dopo l’Ulss, l’Iras in termini di dipendenti, con i suoi oltre 200 lavoratori, è probabilmente la seconda realtà dopo l’Ulss. L’aspetto occupazionale, con quello dell’assistenza dei nostri anziani, deve essere quindi sempre prioritario. E una soluzione, che non ricada sui lavoratori e che preservi la struttura pubblica e i posti accreditati, rilanciando Casa Serena con nuovi servizi e un nuovo ruolo per città e territorio, può e deve essere rapidamente trovata»

Ultimo aggiornamento: 13:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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