ROVIGO - Il Green pass è un vero grattacapo per anche per i ristoratori polesani. Pure in zona bianca, le feste post cerimonie religiose prevedono la certificazione verde per tutti i partecipanti.
IL PASSAPORTO
Il passaporto per partecipare a matrimoni ed eventi è rilasciata, in formato cartaceo o digitale, dalla struttura sanitaria che effettua la vaccinazione. Per quanto riguarda, invece, i guariti dal Covid la certificazione verde è rilasciata dalla struttura nella quale è avvenuto il ricovero del paziente, oppure dai medici di medicina generale e dai pediatri. Il risultato negativo al tampone, invece, viene attestato dalla farmacia o dal laboratorio privato in cui si effettua il test molecolare o antigenico. L'obbligo del Green pass vale per gli invitati alle cerimonie a partire dai due anni. «Il Green pass ci sta mettendo in difficoltà dal punto di vista organizzativo spiega Enrico Rizzato della Trattoria al Ponte di Lusia -, non è semplice verificare la situazione sanitaria di ciascun invitato, servirebbe davvero un Covid manger per seguire tutti questi aspetti formali. Un costo in più per l'azienda. Nel nostro caso, devo dire che ci stanno dando una mano, in caso di matrimoni ad esempio, gli amici degli sposi che magari si prendono l'incarico di raccogliere la documentazione. Non sempre però abbiamo questo aiuto».
Le regole non sembrano però spaventare chi, in questo periodo, decide di organizzare una festa al ristorante dopo una cerimonia religiosa. «Non mi è mai stato chiesto di chiudere un occhio in merito alla documentazione obbligatoria» dice il ristoratore. Dello stesso parere anche Luca Bazzan che organizzata matrimoni da sogno alla Romanina, a Crespino. «Il Green pass ci sta facendo impazzire, per chi ospita più cerimonie alla settimana diventa un peso burocratico».