Giacomo Matteotti, eroe solitario: cronaca di una morte annunciata

Domenica 6 Giugno 2021 di Vittorio Pierobon
Giacomo Matteotti

Riccardo Nencini, esponente del Partito socialista, ricostruisce la figura del leader politico rapito e assassinato dai sicari del Duce. Il parlamentare che denunciò la repressione e le squadracce fasciste venne ritrovato cadavere alla porte di Roma il 10 giugno del 1924. La sfida con Mussolini, ma anche la solitudine e le divisioni a sinistra all'avvento della dittatura


LA STORIA
Cronaca di una morte annunciata.

Giacomo Matteotti, sapeva di essere nel mirino dei fascisti. Condannato, perché testimoniava la verità. Da anni, l'Innominabile, come lui appellava Mussolini, lo aveva messo in testa all'elenco degli oppositori. Quindi dei nemici. Manganello e olio di ricino non bastavano per uno tosto come l'onorevole milionario, il soprannome spregiativo dato al deputato socialista che, anziché godersi gli agi di una famiglia ricca, voleva aiutare il proletariato. Una storia nota, quella dell'onorevole Matteotti, che Riccardo Nencini, storico, scrittore e segretario del Partito socialista italiano, rievoca in forma di romanzo, ricostruendo dialoghi e situazioni. 


LA RIEVOCAZIONE

Un romanzo storico che ripercorre, con meticoloso puntiglio e rigore, gli ultimi dieci anni della sua vita. Dal 1914 al 10 giugno 1924, giorno del sequestro e uccisione del deputato. Solo (edizioni Mondadori), già dal titolo indica chiaramente quale fosse la condizione di Matteotti negli anni in cui l'ideologia fascista germinava e ottenebrava non solo le masse, pronte a seguire un capo carismatico, ma anche personalità intelligenti e colte. Nencini ricorda, oltre a Gabriele D'Annunzio e Curzio Malaparte, anche Luigi Pirandello, Giacomo Puccini e Benedetto Croce che votò la fiducia al governo del duce. Persino Antonio Gramsci, all'inizio, non aveva capito e temeva il riformismo di Matteotti quanto il totalitarismo di Mussolini. Salvo poi ricredersi totalmente, dopo l'arresto nel 1926. Anche Palmiro Togliatti nel 23, nonostante la Marcia su Roma avesse chiaramente smascherato gli intenti del fascismo, scriveva: «Il nemico è a tre teste: Mussolini, Sturzo e Turati». Fascisti, popolari e socialisti accomunati. 


IL CLIMA PESANTE

La storia ha ampiamente smentito. Nencini ricostruisce con dovizia di particolari gli anni che hanno portato alla contrapposizione totale dei due M, nati a circa 150 chilometri di distanza, Matteotti a Fratta Polesine e Mussolini a Predappio in Romagna, e colleghi all'Avanti il quotidiano socialista che il futuro duce aveva diretto. Due leader. Entrambi non credenti, anche se l'opportunismo politico ha portato il dittatore a stringere patti con il Vaticano e a coniare il motto Dio, patria e famiglia. Due visioni opposte del mondo. Per Giacomo andava aiutato a crescere secondo principi di uguaglianza. Per Benito andava dominato reprimendo ogni opposizione. Per questo Matteotti è diventato il bersaglio, lui era l'opposto di Mussolini. Quasi lo specchio in cui la coscienza del duce, spietato e spregiudicato ma non certo stupido, leggeva le proprie iniquità. Temeva l'onorevole, perché sapeva che aveva ragione, anche se mai lo avrebbe ammesso. Matteotti ha costruito, Mussolini ha demolito. 


LE CAMPAGNE RODIGINE

Il Polesine è stato il primo campo di battaglia: 63 comuni alla fine degli anni Dieci, tutti rossi. I contadini, i braccianti, gli ultimi votavano per il milionario che usciva dalla sua villa per invocare giustizia, contratti, orari di lavoro umani, diritti sindacali. Matteotti è stato eletto al Parlamento nel 1919 con una valanga di voti. L'altro M trombato. La strada democratica non era per lui, candidato a Milano, bocciato con una manciata di voti. Ai socialisti di Turati 170mila, ai Fasci da combattimento 4.657 suffragi. Eppure meno di due anni dopo in Polesine non c'era più un comune rosso. Le squadracce fasciste avevano fatto un eccellente lavoro. Se non c'erano i voti, c'era il manganello. Se quello non bastava, c'erano le pistole o le corde per impiccare. Una strage silenziosa, coperta dalle pavide e asservite autorità conniventi o quantomeno indifferenti. 


LA REPRESSIONE

Decine di socialisti, democratici o semplicemente uomini liberi sono stati vittime di violenze o uccisi. Anche Matteotti ha pagato duramente, subendo aggressioni fisiche pesantissime che lo hanno costretto a vivere quasi da fuggiasco, lontano da Fratta, lontano dalla famiglia. Nencini racconta il calvario, di quest'uomo che non era credente, ma aveva una grande fede. Un sacrificio, il suo, che lo ha portato ad allontanarsi dalla famiglia, dalla amatissima moglie Velia e dai tre figli, messi in pericolo dalla sua stessa presenza, costretti a loro volta a nascondersi. Incontri fugaci quelli tra Giacomo e Velia, che negli ultimi anni hanno comunicato soprattutto per lettera, come testimonia il lungo epistolario. La famiglia è stata sacrificata per un ideale più vasto. Lo spaccato dell'Italia che si avviava al Ventennio fascista, rievocato da Nencini, è inquietante. 


LA FINE

Il Paese, uscito vincente, ma non troppo dalla Prima Guerra Mondiale, faticava a risalire da una arretratezza sociale, culturale, e naturalmente economica, che condizionavano la fragile democrazia guidata da leader inadeguati o sorpassati. La presenza del re era abbastanza insignificante e mai di ostacolo alle mire del duce. Matteotti era solo, forse vedeva più avanti di altri. Certamente aveva capito dove volevano arrivare i fascisti. La sua denuncia di crimini e misfatti dagli scranni del Parlamento è stata costante. Ha cercato in tutti i modi di lanciare l'allarme. Anche in Europa. Ha raccolto le prove. Brogli elettorali. Falsi in bilancio. Tangenti petrolifere. Il dossier era corposo Un anno e mezzo di dominazione fascista, l'eloquente titolo. Il 10 giugno del 1924 l'onorevole Matteotti era pronto per smascherare Mussolini. Invece è morto. Rapito da un commando, ucciso da un sicario, Albino Volpi. Sua la mano, ma il mandante era Benito Mussolini, su questo Nencini non ha alcun dubbio, contestando la tesi di una parte degli storici che ritengono che l'omicidio sia andato oltre i desiderata del duce. Matteotti, grida il romanzo storico di Nencini, è stato assassinato su ordine di Mussolini. In quel 1924 il deputato polesano rappresentava una minaccia per il nascente regime fascista. Cent'anni dopo la figura di Matteotti, resta un esempio. Almeno una consolazione: non è più solo. 

 

Ultimo aggiornamento: 7 Giugno, 08:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci