ROVIGO - Vanno a picco i fatturati delle aziende di fuochi d'artificio polesane, colpite da una crisi mai vissuta prima. «Il 2020 si è chiuso con una perdita tra l'85 e il 90% degli incassi registrati negli altri anni - sottolinea Michele Martarello, amministratore delegato della Martarello Group di Arquà Polesine - Siamo passati da 30 a 10 dipendenti.
ZERO CONTRIBUTI
Michele Martarello lamenta il fatto che il Governo si è dimenticato del comparto. «Non ci sono stati dati ristori, abbiamo dovuto pagare 60mila euro di contributi all'Inail, il pagamento dell'Iva è slittato ad aprile, ma non avendo avuto incassi, rinviarlo di qualche mese per noi poco importa. Le stesse ordinanze contro i botti di fine anno hanno finito per toglierci l'unica possibilità di avere delle entrate. Noi come tutti i colleghi non vendiamo botti illegali, sono tutti certificati. Hanno detto che questo provvedimento è servito per impedire il sovraffollamento dei pronto soccorsi. C'era gente che a causa della disinformazione non sapeva che si poteva uscire di casa, anche per andare in altri Comuni, per acquistare materiale pirotecnico. Eravamo infatti equiparati ai negozi di giocattoli. Nel capodanno 2019 c'erano stati 205 feriti in tutta Italia, con un morto, ma di questi la maggior parte era stata nel Napoletano».
CASSA INTEGRAZIONE
Clara Dalzini, responsabile della direzione generale della Parente Fireworks di Melara, è molto preoccupata. «Abbiamo 40 persone in cassa integrazione, solo 10 stanno lavorando, ma dal 2 gennaio ne resteranno solo 2-3 che saranno utilizzate in ufficio. Abbiamo avuto perdite economiche tra il 75 e l'80%, per 4 milioni di euro. Un dato che avrebbe potuto essere peggiore, se solo nei primi tre mesi dell'anno scorso non avessimo lavorato più degli altri anni. A gennaio abbiamo intenzione di organizzare una maxi-protesta, per far valere i nostri diritti. Contiamo di lavorare con l'estero, aprendo fuori Italia delle attività, sempre che ci sia la possibilità di vaccinarsi tutti, perchè altrimenti non ci si può muovere fuori dal proprio Paese. Abbiamo oltre 130 anni di storia, ma se la situazione non cambia la vedo durissima, anche perchè le tasse si devono pagare e avevamo acquistato materiali per estate, autunno e inverno che non sono più stati utilizzati».