Rovigo. Frutta e verdura, aumenti record, 50% in più. Ma per gli agricoltori ricavi bassi.

Sabato 20 Maggio 2023 di Francesco Campi
L'inflazione sta sconvolgendo il mercato della frutta e verdura

ROVIGO - Otto euro per un chilo di fragole. Buonissime, per carità. Ma salate. Il problema dell’inflazione che continua a crescere in una spirale perversa non risparmiando i piselli come le patate, passando per i finocchi, diventa sempre più asfissiante. Togliendo ossigeno anche a frutta e ortaggi di stagione. Una stagione fatta di rincari pesantissimi per i consumatori e a segnalarlo è proprio chi questi prodotti li coltiva. È, infatti, la Cia di Rovigo che sulla base di un proprio studio, parla di «un’inflazione galoppante: in un anno i prezzi finali aumentati anche del 50 per cento».

Produttori colpiti

La segnalazione sui prezzi finali, però, serve anche a evidenziare che «agli agricoltori resta sempre meno, i ricavi non sono aumentati proporzionalmente. Anzi, talvolta sono addirittura diminuiti. Siamo di fronte a una legge del mercato al contrario». A spiegarlo chiaramente è il direttore della Cia Rovigo, Paolo Franceschetti. «Bisogna sfatare ciò che nell’immaginario collettivo è scontato, cioè che prezzi finali più alti comportano, di conseguenza, maggiori guadagni per gli imprenditori agricoli. I numeri dimostrano il contrario. Detto in altri termini, gli agricoltori fanno fatica a vedersi riconosciuto un equo reddito. In tutto questo va ricordato che sono incrementate, e di molto, le spese fisse. Oggi portare avanti qualunque attività agricola richiede enormi sacrifici, che peraltro non sempre vengono ripagati col giusto prezzo».

I numeri

Secondo lo studio della Cia Rovigo, in Polesine l’attuale prezzo medio finale dei piselli, primizie di stagione, è di 4 euro al chilo, mentre l’anno scorso, in questo periodo, era di 3 euro: un balzo in su, quindi, del 33 per cento. Ma per i coltivatori, per i piselli il “guadagno” è di appena 1 euro al chilo: un anno fa, nel maggio del 2022, venivano riconosciuti loro 80 centesimi, quindi l’aumento è stato solo del 25 per cento, da 80 centesimi a 1 euro al chilo. Guardando, invece, ai finocchi, il prezzo medio finale lo scorso anno era di 1,98 al chilo, quest’anno di 2,49, quindi il 25 per cento in più, ma al produttore, nel maggio del 2022, venivano riconosciuti 60 centesimi, oggi soltanto 50 centesimi, quindi addirittura un calo del 16,6 per cento.
Per capirsi meglio a fronte di un costo maggiore per il consumatore, un guadagno nettamente inferiore per il produttore, che a sua volta ha dovuto sostenere costi maggiori rispetto al passato, sempre a causa degli aumenti generalizzati di tutti i prezzi.
Ancora più significativo il prezzo agricolo delle carote, crollato del 47% in dodici mesi, dai 95 centesimi al chilo che veniva riconosciuto un anno fa, agli attuali 50 centesimi, mentre il prezzo al consumo è salito del 32 per cento. Per le fragole, invece, un agricoltore strappa un prezzo medio di vendita di 1 euro al chilo, il 25 per cento rispetto a un anno fa, quando otteneva 1,50 euro, nonostante il prezzo al consumatore sia tutt’altro che calato, passando da 6,90 a 8 euro al chilo, quindi il 16 per cento in più. Per gli asparagi verdi il prezzo è aumentato del 37,5 per cento, il guadagno è calato del 22,8.
La lista è lunga e fa abbastanza impressione vedere come l’innalzamento dei prezzi al consumo abbia una variazione che in più di un caso è addirittura opposta al guadagno di chi quel prodotto l’ha coltivato. Sostenendo, fra l’altro, a propria volta costi maggiori per tutto, dai concimi ai carburanti.

La proposta

Secondo la Cia, «una delle strade praticabili per tentare di invertire il trend, è la valorizzazione delle eccellenze anche sulle scaffalature dei market, di piccole, medie e grandi dimensioni, attraverso degli accordi ad hoc con le strutture di vendita. Oltre a una vera attuazione di quanto previsto dal decreto legislativo 198 del 2021 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare, che recita testualmente: “I contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari devono essere redatti in osservanza ai principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni”. Il fine ultimo dev’essere quello di assicurare ai produttori un equo prezzo».
Ecco, allora, la chiosa finale, che è anche un appello, che arriva da Franceschetti: «Le istituzioni sono chiamate a dare delle risposte concrete e immediate per salvare il primario».

Ultimo aggiornamento: 21 Maggio, 10:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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