Vaccino anti Covid a meno 80 gradi ma l'Ulss polesana non ha i frigoriferi adeguati

Venerdì 27 Novembre 2020 di Francesco Campi
PIANO VACCINALE Il sistema sanitario sta predisponendo il piano per i vaccini ma Rovigo non è attrezzata

ROVIGO In attesa del vaccino, il Coronavirus continua a galoppare: anche ieri in Polesine sono state scoperte altre 110 positività. Questa volta, però, bilanciate da 89 guarigioni, così che la crescita netta è di 21 positivi in più. Le speranze di uscire prima possibile da questo cupo tunnel sembrano affidate al vaccino, pur con tutte le cautele del caso. E il 2 dicembre il ministro Roberto Speranza presenterà in Parlamento il piano vaccinale, che sarà gestito a livello nazionale.
PROBLEMA GELO
Intanto, però, si stanno elaborando anche i sottopiani regionali, del cosiddetto piano Arcuri, e quello che balza agli occhi dalla tabella dei dati trasmessi dalla regione al commissario per l’emergenza entro la scadenza prevista del 20 novembre, è il fatto che la provincia di Rovigo sia l’unica a non disporre di dispositivi di conservazione per la temperatura di meno 80 gradi. Il primo vaccino, quello Pfizer-Biontech, per il quale sono in arrivo 3,5 milioni di dosi anche se richiede una doppia somministrazione, quindi per una platea di 1,7 italiani, deve essere trasportato con una catena del freddo ininterrotta e conservato in appositi “ultracongelatori”. «A oggi non ne abbiamo - spiega direttore sanitario dell’Ulss Polesana Edgardo Contato - però ancora non sono stati resi noti i dettagli del piano. Rispetto alle indicazioni che arriveranno, ci attrezzeremo di conseguenza e Azienda Zero provvederà a rifornirci di quanto servirà. Non sappiamo nemmeno quante dosi avremo a disposizione in Polesine, né quale sarà l’afflusso. Ci sono anche altri vaccini in arrivo, ma tutto è ancora da definire. Ci faremo sicuramente trovare pronti, ma la gestione della campagna vaccinale è nazionale, affidata alla Protezione civile Al momento disposizioni dettagliate non ci sono, è solo stata fatta una ricognizione dell’esistente, poi tutto sarà tarato secondo le necessità».
SITUAZIONE CONTAGI
Intanto anche il Polesine, seppur in scala ridotta, fa i conti con numeri altissimi. Le persone attualmente positive in provincia sono 2.393, praticamente una ogni 97 residenti. Per capire la portata della seconda ondata, basta notare come nella prima, da febbraio fino a ottobre, prima che la curva del contagio iniziasse a salire bruscamente, erano emerse in tutto 675 positività. I numeri fatti nei primi sette mesi di epidemia ora vengono superati in una settimana. Vero è che si tratta di numeri comunque ben più bassi rispetto alle medie regionali e nazionali. E che l’incidenza degli ultimi sette giorni, ovvero il numero di nuovi casi in rapporto ai tamponi eseguiti, è scesa ancora, al 5,39%. I tamponi che hanno fatto emergere le 110 positività di ieri, infatti, sono poco meno di tremila, 2.824, dei quali 648 molecolari e 2.176 antigenici rapidi. In più va sottolineato che circa la metà delle nuove positività, 53, sono state accertate in persone già tracciate e messe in quarantena dal Sisp.
Al momento sono 2.715 le persone poste in isolamento domiciliare con sorveglianza attiva. I ricoverati sono passati dai 116 di mercoledì ai 118 di ieri. Fra questi anche una 25enne che era arrivata in Ostetricia e Ginecologia per motivi evidentemente non legati al Covid, ma che è risultata positiva al tampone in ingresso. Restano 15 i pazienti in Terapia intensiva.
POSTI LETTO DISPONIBILI
Sostanzialmente anche dal punto di vista dell’occupazione dei posti letto la situazione sembra essere ancora sotto controllo, a differenza del resto del Veneto. Se la disponibilità potenziale che il Polesine può ancora mettere in campo possa essere sfruttata da altre realtà vicine in sofferenza, lo chiarisce Contato: «La Regione sta monitorando tutta la dotazione di posti letto e c’è una regia regionale sulla destinazione dei pazienti. Abbiamo già accolto svariate persone residenti fuori dal territorio di nostra competenza, da Cavarzere, Stanghella e Legnago. Fra i ricoverati attuali dovrebbero essere quattro o cinque i non polesani. Il problema resta sempre quello di reperire operatori. In questo momento non abbiamo numeri particolarmente alti di nostri dipendenti positivi, circa una quarantina, dei quali un paio di medici e il resto infermieri e operatori sociosanitari. La nostra provincia, come ormai è risaputo, nel grande problema generale è una di quelle che lo stanno vivendo con meno difficoltà e ansie, riuscendo meglio a contenere l’epidemia, ma è comunque una situazione complessa».
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Ultimo aggiornamento: 08:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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