Cade in un cantiere edile a Gorizia, muore un anno dopo

Sabato 6 Novembre 2021 di Francesco Campi
Emanuele Borile

ROVIGO - Una caduta da un ponteggio, da un'altezza di circa due metri, mentre lavorava nel cantiere per i lavori di efficientamento energetico e di adeguamento alle normative anti-sismiche di una scuola a Gorizia. Un anno dopo esatto, 364 giorni per la precisione, si è spento, provato dalle conseguenze delle gravissime lesioni che aveva riportato in quel terribile incidente sul lavoro. Si è spento a 57 anni Emanuele Borile, conosciuto nell'ambiente del rugby cittadino perché oltre che grande tifoso, da ragazzo si era messo in luce come tallonatore nelle fila della Monti, spiccando per abnegazione, forza e generosità.

Un guerriero dal grande cuore, Ciccio come lo chiamavano gli amici, era pronto a caricarsi sulle spalle qualsiasi peso, quasi non sentisse la fatica, sempre in prima fila quando si trattava di aiutare o sostenere un amico, con semplicità e il sorriso. E queste sue caratteristiche emergono anche dal ricordo che il figlio Marco ha affidato ai social: «Dopo un anno in cui hai combattuto in tutti i modi in cui una persona può combattere, ci hai lasciati. Esempio di bontà, onestà, presente in ogni mio problema, in ogni mia gioia e in ogni mia fatica. Grazie, grazie per i nostri momenti di tranquillità, per le nostre passeggiate in montagna e per i nostri calici di vino puntuali ogni venerdì, grazie per aver davvero fatto tutto per me. E nonostante tutto questo, sappiamo che non sarà un addio ma un arrivederci. Ciao papà».


LA CADUTA

grave incidente sul lavoro che lo aveva visto coinvolto risale al pomeriggio del 3 novembre del 2020. Borile, rodigino, lavorava per l'impresa di costruzioni di Rovigo Reale Mario srl, il cui titolare e legale rappresentante, insieme ad altre tre persone, è stato poi indagato dal sostituto procuratore Paolo Ancora, della Procura di Gorizia, per lesioni colpose. Il procedimento è ancora aperto e nel frattempo, il quadro è mutato. Questo anno per Borile è stato un calvario, con un primo lungo ricovero in Rianimazione, l'avvio di un percorso riabilitativo, un nuovo ricovero in Rianimazione e poi ancora il ricovero nella Residenza sanitaria assistenziale San Martino di Castelmassa, nata dalla riconversione dell'ex ospedale massese, l'unica in grado di assicurargli un percorso riabilitativo con respirazione assistita. Ma nonostante la sua tenace lotta, alla fine si è arreso. Ad assisterlo legalmente, tramite il figlio, nominato amministratore di sostegno, l'avvocato Francesco Zarbo, che in seguito alla morte ha assunto la difesa di tutti i prossimi congiunti, l'anziana madre e i quattro fratelli, Simone, Arianna, Gianni e Michele.


VICENDA GIUDIZIARIA

Nel recente passato, Borile, si era trovato a processo con l'accusa di lesioni personali, per aver picchiato un 50enne di origini marocchine che da tempo importunava la sorella dell'ex compagna e che le era entrato in casa rompendo il vetro di una finestra con una pietra e ferendola. Il nordafricano, che aveva detto di essere stato colpito con una mazza da baseball, aveva riportato lesioni giudicate guaribili in 21 giorni, mentre Borile si era lesionato le nocche di una mano. Nel maggio 2018, difeso sempre dall'avvocato Zarbo, era stato assolto perché il giudice Raffaele Belvederi aveva ritenuto accertato che non fosse stata usata alcuna mazza e che la sua reazione fosse proporzionata alla minaccia.
«Oltre che assolverlo io, e ritengo anche la stragrande maggioranza dei cittadini - aveva scritto all'indomani l'assessore regionale Cristiano Corazzari in una nota - rivolgerei a Borile un encomio ufficiale per il suo gesto, ringraziandolo pubblicamente per il suo altruismo e senso di civiltà. Io dico grazie a questo cittadino coraggioso che ha evitato che l'aggressione a una donna da parte di un soggetto violento e pericoloso avesse conseguenze più serie se non irreparabili».

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