Dipendente delle Poste furbetto: dirottava i versamenti dei clienti sul proprio conto

Sabato 18 Agosto 2018 di Francesco Campi
Dipendente delle Poste furbetto: dirottava i versamenti dei clienti sul proprio conto
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CASTELMASSA - I 72 euro che due giovani studentesse dovevano pagare come tassa sui rifiuti, sono stati invece versati sul suo conto corrente. Non una banale distrazione, visto che l'uomo, un 40enne di origini pugliesi, era il dipendente delle Poste di Castelmassa e che il fatto in questione non è stato un episodio isolato. L'uomo si è infatti intascato anche 58 euro che un giovane marocchino aveva versato per il pagamento di una multa, applicando sulla ricevuta un timbro taroccato. La cui nullità è apparsa subito chiara agli occhi esperti di chi quel pagamento lo avrebbe dovuto incassare: dopo aver pagato la multa, il marocchino si era presentato con il bollettino che credeva saldato, ma di fronte alle contestazioni che gli erano state mosse, si era presentato insieme alle forze dell'ordine nell'ufficio postale ed era così emersa la responsabilità dell'impiegato.
 
CONDANNATOPer entrambi gli storni neri, Federico Antonio Piemontese, 40 anni, di origini pugliesi, è finito a processo con l'accusa di peculato. E se per il secondo nell'aprile del 2016 è stato condannato in primo grado per peculato a una pena di due anni, senza sospensione condizionale, è per l'altro fatto, emerso quando che due anni dopo, le ragazze hanno ricevuto una cartella esattoriale di Equitalia che contestava loro il mancato pagamento della tassa rifiuti che invece erano sicure di aver pagato, che è arrivata per Piemontese la condanna definitiva. La Cassazione, infatti, ha respinto il ricorso presentato dal suo difensore con il quale ha impugnato la condanna a un anno e quattro mesi pronunciata nell'aprile del 2017 dalla Corte d'Appello di Venezia, in parziale riforma di quella di primo grado del Tribunale di Rovigo, del maggio 2015, che era stata di 2 anni. In Appello gli era stata riconosciuta l'attenuante della lieve entità, ma la condanna per peculato era stata confermata.
LA SENTENZANel ricorso in Cassazione la difesa ha cercato di far valere il principio che un pagamento con un bancomat di un bollettino emesso da Equitalia costituisse un'ordinaria operazione bancaria di natura privatistica e non si potesse configurare quindi il reato di peculato, ma quello di appropriazione indebita, come del resto stabilito in una nota sentenza della stessa Cassazione. Una tesi bocciata dalla Suprema Corte, che in questo caso ha ribadito, con un passaggio importante a fini giurisprudenziali, «la funzione pubblica di diretta riscossione dei tributi esercitata da Ente Poste, a questo fine delegato da Equitalia, delega che, si afferma nella sentenza impugnata, non esclude affatto la delegabilità anche a favore di altri soggetti e che costituisce la fonte dell'esercizio del potere pubblicistico».
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