Tornare in forma dopo l'infezione, il San Luca attiva un team di fisioterapia

Domenica 26 Aprile 2020 di Roberta Paulon
Terapia intensiva al San Luca di Trecenta
ROVIGO - Attivato a Trecenta il primo team, sperimentale in Veneto, per la riabilitazione durante e post infezione da Covid 19. Si tratta di un’attività che va oltre il lavoro clinico di trattamento dei ricoverati per Coronavirus. L’ospedale di Trecenta, in questo periodo convertito a ospedale Covid, è, in tempi normali, sede delle degenze di riabilitazione, attualmente sospese: il personale della riabilitazione si è messo in filiera con il personale che gestisce l’area Covid per un’attività mirata sui pazienti ricoverati a causa del virus.

RIATTIVAZIONE MUSCOLARE
«Abbiamo pazienti che affrontano una degenza molto lunga – spiega il direttore dell’Ulss 5 Antonio Compostella (nella foto) –, anche la guarigione è lunga anche nei momenti in cui il virus c’è ma la persona è asintomatica; abbiamo ricoveri di oltre 40 giorni e per tutto questo tempo i pazienti sono allettati, con conseguente deperimento neuro-muscolare. Quindi è stato messo in atto, oltre al trattamento clinico, anche un trattamento fisioterapico perché le persone possano reggersi in piedi appena sarà possibile, a testimonianza della qualità dell’assistenza».

FISIOTERAPIA
I fisioterapisti svolgono attività mirate al mantenimento delle buone condizioni neuro-motorie dei pazienti, alcuni dei quali, pensiamo agli intubati e alle persone attaccate ad apparecchi per la respirazione assistita, rimangono completamente immobili a letto per il tempo necessario al recupero e questo può portare a un deterioramento fisico. Per il mantenimento delle funzionalità motorie invece, è importante che il corpo si muova: è qui che entra in gioco un programma del team specializzato dell’ospedale alto polesano dedicato ora al recupero delle persone infettate dal Coronavirus. Questo ulteriore servizio entra in funzione al San Luca. All’interno è attivo anche l’ospedale di comunità, separato rispetto alla terapia semi-intensiva e intensiva e alla cui attività è dedicato un piano della struttura. Consiste in una struttura di ricovero breve per pazienti che necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica, funzione intermedia tra la cura domiciliare e il ricovero ospedaliero, ed è sempre riconducibile all’assistenza territoriale. I pazienti ospitati hanno assistenza infermieristica continuativa, che a casa non potrebbero avere, e assistenza medica in caso di comparsa di sintomi o di bisogni specifici. Si tratta quindi di una situazione “ponte” tra ospedale e ritorno a casa che garantisce continuità di cure, erogate sulla base di una valutazione della persona da assistere all’interno di una struttura sanitaria con un numero di posti letto riconvertiti per la degenza in funzione di un nuovo modello operativo.

LA RIVOLUZIONE
Sta, quindi, cambiando il volto dell’ospedale inteso nel senso ampio del termine: «L’ospedale come struttura di assistenza dei malati nella fase 2 sarà diverso da come eravamo abituati a concepirlo - spiega Compostella riferendosi a tutti gli ospedali polesani - Gli spazi saranno riorganizzati con percorsi dedicati e gli accessi saranno ridotti al minino necessario per evitare assembramenti di persone. Rimarrà la regola di ridurre l’accesso al minimo indispensabile: per visitatori, ospiti, persone che vengono da fuori ci saranno nuove responsabilità e siamo certi di poter contare sulla pazienza dei cittadini nell’accettare questi limiti. Le visite specialistiche riprendereranno, come la diagnostica con aree-filtro, in base a nuovi modelli di sviluppo. Le attività ad accesso libero prima del virus ora saranno tutte su appuntamento, compresi i prelievi».
Ultimo aggiornamento: 09:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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