Orzo, malto e birra: la nuova frontiera per gli agricoltori

Mercoledì 2 Febbraio 2022 di Nicola Astolfi
Chiara Dossi

ROVIGO - La notizia della nascita a Loreo nel 2023 della più grande malteria d'Italia, sta inducendo molti agricoltori a seminare orzo. Lo conferma Chiara Dossi, nuova presidente della sezione cereali alimentari di Confagricoltura Veneto: «Il 2022 sarà un'annata in cui molte aziende cominceranno con la produzione di orzo da birra.

Io pure ho già avviato una semina sperimentale: l'orzo è sempre più richiesto dal mercato». Dossi è un avvocato prestato all'agricoltura: ad Adria è titolare di un'azienda prevalentemente cerealicola di cui ha preso le redini una decina di anni fa, quando il marito è mancato prematuramente.


LE COLTIVAZIONI

Le superfici coltivate a orzo in Polesine nel 2021 (2.446 ettari, pari al 13,7% in Veneto) sono in aumento (+4,9%) rispetto al 2019 pre Covid. Ma nel 2020 la superficie totale a orzo in provincia era già salita quasi alla soglia dei 3 mila ettari (2.935, +25,9% rispetto al 2019). Ora, a un anno dall'annunciata partenza a Loreo della malteria targata K-Adriatica, si prevede un nuovo aumento. Il piano a Loreo è di contribuire a sviluppare la produzione di malto da birra italiano per garantire il 60% del fabbisogno nazionale, che è pari a circa 208 mila tonnellate, mentre l'attuale produzione si attesta sulle 83 mila.


MANCA L'ACQUA

Le prospettive sono buone anche per il grano: «Le piante stanno crescendo bene anche se servirebbe acqua, perché è troppo tempo che non piove. A livello commerciale, però, potremmo beneficiare della scarsa produzione straniera, dato che il Canada ha ridotto le esportazioni e ci sono poche scorte alimentari. Ciò che produrremo sarà molto richiesto - aggiunge la presidente Dossi -, anche perché la pandemia ha alzato la domanda di farine anche a uso casalingo. Molte aziende venete, inoltre, sono indotte a coltivare grano grazie ai contratti di filiera con molteplici industrie alimentari, tra cui quelli con Barilla. E anche se l'impegno in questo caso è notevole, perché parte dei terreni va destinata ai fiori per gli insetti impollinatori, c'è la garanzia di un reddito, oltre che di sostenibilità ambientale. Io stessa ho aderito al progetto Carta del mulino, decalogo di agricoltura sostenibile pensato per offrire rifugio alle api e ad altri insetti impollinatori, oggi a rischio sopravvivenza a causa dei cambiamenti climatici».


PRODUZIONE CRESCE

Dopo la flessione nel 2020 (6.625 ettari, -22,3% rispetto al 2019), la superficie a frumento duro in Polesine è balzata a 9.716 ettari l'anno scorso, con oltre 618 mila quintali prodotti (il 67% del Veneto). Nell'ultimo triennio, invece, non hanno conosciuto soste la semina e la produzione di frumento tenero: anche in questa coltivazione il Polesine continua ad avere il primato regionale, con 25.107 ettari di superficie coltivata e quasi 173 mila tonnellate prodotte nel 2021 (il 24,9% del Veneto). Per quanto riguarda il mais però - in Polesine la superficie coltivata è già scesa da 32.234 ettari a 27.567 tra il 2019 e il 2021 - c'è incertezza sulle semine primaverili: il prezzo attuale è eccezionale (27 euro al quintale) ma gli altissimi costi di concimi e gasolio rischiano di vanificare la redditività. E «se i prezzi scendessero, rischieremmo anche di chiudere in perdita. Dovremo valutare molti fattori per decidere se e quanto seminare, dalle condizioni climatiche al quadro internazionale».

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