Rovigo. Caro bollette, il vescovo Pavanello: «Più preti in una canonica per risparmiare»

Le chiese, ha riferito il vescovo, sono in difficoltà a causa delle bollette: più preti in una canonica per risparmiare

Domenica 25 Dicembre 2022 di Roberta Merlin
Il vescovo Pierantonio Pavanello

ROVIGO - Dopo due anni all'insegna delle restrizioni, finalmente anche nelle celebrazioni religiose torna il contatto tra i fedeli. Domani, durante la messa di Natale, ci si potrà scambiare il segno della la pace con una stretta di mano e utilizzare l'acquasantiera.

Stop anche al distanziamento.

Monsignor Pierantonio Pavanello, come ne esce la Chiesa polesana dal Covid?
«Da un lato, ci sono segnali incoraggianti, i polesani hanno ripreso a frequentare la chiesa, se pure con precauzioni: in primis la mascherina che ormai sta diventando parte della nostra cultura, come già succede in altri Paesi, ad esempio il Giappone. Utilizzarla nel periodo invernale evita anche la diffusione del virus influenzale. Nonostante, però, un ritorno alla normalità, il Covid ha sicuramente accelerato di 10 anni un processo che era già in atto da due, ossia il calo di frequentazione dei giovani e degli adulti alla Chiesa».

La pandemia ha allontanato la gente dalla fede?
«Diciamo che il fatto religioso, paradossalmente, è entrato in modo relativo. Protagonista è stata la scienza, le restrizioni hanno contribuito all'allontanamento. La Chiesa, però, ha appoggiato fin da subito la scienza, si è schierata a favore della vaccinazione. Le messe online, poi, sono state una soluzione d'emergenza, ma non possono sostituire la frequentazione e le celebrazioni dal vivo».

Cosa possono fare i parroci polesani per riavvicinare le comunità?
«Sicuramente non essere nostalgici nei confronti del passato. Il Papa ci ha dato un'importante indicazione, quella di concentraci sull'ascolto e meno su dottrina e dogmi. Oggi il ruolo della Chiesa deve essere quello proprio dell'ascolto. Tanti giovani si trovano ad affrontare problemi di salute mentale. La necessità di un bonus psicologo ne è un esempio. È vero che la gente viene poco in chiesa, ma non è che per questo bisogna restare inerti, è necessario cambiare l'approccio attraverso iniziative che rispondono, appunto, alle nuove esigenze della società».

Anche il Polesine aumentano le chiese e canoniche dismesse.
«In un territorio dispersivo come la provincia di Rovigo molti paesi rivieraschi, ad esempio la zona da Crespino a Guarda Veneta o Corbola e Ariano. vedono un forte calo dei residenti: se non ci sono famiglie e non nascono bambini, chiudono le scuole e le chiese. È un fenomeno fisiologico della modernità. C'è, però, maggiore possibilità di spostarsi e molte persone, soprattutto giovani, vanno a messa in parrocchie dove si svolgono attività che interessano maggiormente. Chiudere chiese e assembrare più parrocchie è rispondere alle esigenze attuali, anche, certo, sul fronte economico».

Le canoniche a disposizione dell'emergenza abitativa?
«In diocesi abbiamo istituito un Ufficio tecnico amministrativo che si occupa di mettere a disposizione delle famiglie bisognose, senza lavoro e in difficoltà economica, le canoniche dismesse. Il problema è accompagnarle nell'inserimento lavorativo. Non basta aprire le porte, ci sono situazioni anche complesse da affrontare».

Messe al freddo per colpa del caro bollette?
«I costi del riscaldamento hanno costretto a riorganizzare molte parrocchie e fare vivere più preti in una canonica. Oltre alle bollette, a pesare anche i costi dell'assicurazione e la manutenzione ordinaria degli ambienti. Al mantenimento dei preti si provvede con sistema di sostentamento, solo in parte a carico della parrocchia e per la restate dell'Istituto centrale per il sostentamento del clero che amministra i fondi dell'8x1000, e i proventi che vengono dagli ex benefici delle parrocchie, ossia dei beni destinati al mantenimento dei preti. Ci sono anche le offerte dei fedeli, ancora importanti in un territorio agricolo come il Polesine. Dal pubblico, per la manutenzione delle chiese polesane, alcune con valore storico, arriva davvero poco. Qualcosa, non molto, è donato dalla Fondazione Cariparo».

Sono sempre meno i polesani che abbracciano la vocazione.
«Abbiamo la media di 4-5 polesani ogni due anni che prendono questo cammino. Ma ci sono realtà come Chioggia che non vede un nuovo prete dal 2014. Siamo in un momento di svolta, la società ha esigenze diverse, come cambia l'approccio con la fede anche il ruolo del prete deve adattarsi a questi cambiamenti».

Che Natale sarà per i polesani?
«Sarà per tutto il mondo un Natale un po' triste, una guerra alle porte e il rischio del nucleare non ci fa dormire sonni tranquilli. Ci sono poi i postumi della pandemia e i problemi economici di famiglie e aziende. L'invito è di ascoltare e non voltarsi dall'altra parte nei confronti di chi si trova in difficoltà». 

Ultimo aggiornamento: 17:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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