Una candela sul tavolo al ristorante per sterilizzare l'aria e dire addio al Covid

Venerdì 19 Febbraio 2021 di Francesco Campi
CIAO CIAO COVID Una cena a lume di candela per Franco Pellegrini "salva" dal contagio
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ROVIGO - Un barlume di speranza, una fioca luce che potrebbe rendere molto meno cupa la situazione: una candela accesa per ridurre il rischio di contagio. La luminosa intuizione, che potrebbe rendere più sicure oltre che più romantiche le cene nei ristoranti e gli aperitivi nei bar, ma anche altri contesti di incontro, arriva dal presidente della Casa di cura Santa Maria Maddalena di Occhiobello, Franco Pellegrini, medico di lungo corso, che dopo aver lavorato all’ospedale di Ferrara, all’ospedale di Rovigo e all’ospedale di Brema, in Germania, aver svolto attività didattica e scientifica all’Università di Ferrara e di Roma, ed essere stato primario chirurgo all’ospedale di Lonigo e all’ospedale di Comacchio, dal 1982 è diventato prima responsabile chirurgo della Casa di Cura fondata dal padre Francesco nel 1950 e in seguito presidente dalla società.

La sua casistica operatoria personale, si legge nel suo curriculum, annovera oltre 30mila interventi chirurgici di chirurgia generale, vascolare, urologica, ginecologica e ortopedica e ha firmato pubblicazioni che spaziano dall’anatomia patologica all’anatomia sperimentale, dall’istochimica alla morfologia, dalla chimica alla clinica.

NUOVA PUBBLICAZIONE
In questo caso, non si tratta di una vera e propria ricerca scientifica, ma comunque di un lavoro dato alle stampe proprio in questi giorni. Una breve pubblicazione che l’autore ha voluto inviare al presidente della Regione Luca Zaia: «Ho maturato la convinzione che una candela accesa, frapposta a due individui che parlano tra di loro, può aiutare a sterilizzare l’aria. Quindi in questo periodo di pandemia e in attesa del verdetto degli scienziati, io pongo davanti a me, quando sono in presenza di parenti e amici, una candela accesa. L’intuizione si è sviluppata riflettendo sulle candele che vengono accese dai fedeli in chiesa. La fiamma, con il suo alto grado di calore, attrae ed elimina dall’aria tutti i germi e i virus presenti attorno ai fedeli in preghiera: l’aria calda purificata sale verso l’alto creando un vuoto sottostante che viene riempito dall’aria circostante più fredda. Allora ho pensato che questa abitudine, da sempre in uso, ha rappresentato un atto sanitario oltreché un atto devozionale».
TEORIA SEMPLICE
Il cuore di tutta la teoria è abbastanza chiaro e semplice: visto e considerato che le alte temperature, da sempre, sono utilizzate per sterilizzare ambienti, indumenti e oggetti, perché una candela, la cui fiamma ha una temperatura di 1.400 gradi nel punto più caldo e di 500 nei punti più freddi, non dovrebbe fare lo stesso anche con il Covid-19? Fra l’altro, anche nel dubbio, accendere una candela, male non fa. È proprio il caso di dire, insomma, che il gioco vale la candela. Ovviamente, con la sua pubblicazione Pellegrini non intende affermare che, tanto per fare un esempio, cinque candele poste su un tavolo potrebbero permettere la riapertura in sicurezza di ristoranti e bar, ma l’idea, secondo l’autore, vale la pena di essere approfondita: «Per questo motivo – spiega - ho spedito una copia della mia breve pubblicazione alla Regione e in particolare al presidente Luca Zaia, perché possa trarne le conclusioni che riterrà più utili».
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Ultimo aggiornamento: 07:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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