Dalla Multipla spuntano quintali di pesce pescato di frodo: maximulta

Venerdì 3 Maggio 2019
Dalla Multipla spuntano quintali di pesce pescato di frodo: maximulta
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BOSARO - In tre su una Multipla, tutti sul sedile davanti. Perché dietro erano stati tolti i sedili ed era stato fatto posto ad un carico di siluri e carpe appena pescati. Pesce che, vista la sua quantità, non era certo “ad uso personale”. A fermare l’auto alle prime ore di domenica scorsa è stata la polizia stradale, durante un posto di blocco con due pattuglie sulla Statale 16, nel tratto che attraversa il territorio comunale di Bosaro, subito dopo il ponte.
La paletta degli agenti è stata mostrata alla Fiat Multipla che ha così accostato e, fin dal primo istante, è apparso chiaro che il suo carico “puzzava” di illegale.  Non si trattata infatti dell’esito di qualche ora di svago di tre amici con l’hobby della pesca, ma di un quantitativo tale da avere uno sbocco di tipo commerciale. In risposta ai tentennamenti dei tre uomini che si trovavano a bordo nell’auto stipata di siluri e carpe, tutti e tre di origini romene, è stata contestata la non tracciabilità del pescato e la non idoneità del vano di trasporto. Perché il pesce, inevitabilmente ad uso alimentare, era accatastato dietro, nello spazio ricavato fra portabagagli e spazio passeggeri, con i sedili che erano stati rimossi per aumentare la possibilità di carico.
MULTA E SEQUESTRO
La multa al conducente è stata di duemila euro, già in forma ridotta. Sul posto è stato richiesto anche l’intervento del personale veterinario dell’Ulss 5 che ha constatato come tutti gli esemplari fossero ancora vivi. Ne è stata così disposta la liberazione immediata nel vicino Canalbianco. E qui si apre un capitolo quanto meno “strano”: bene per le carpe ma per i siluri (alloctoni invasivi) è vietata la reimmissione. E chi l’ha disposta, ha violato una norma regionale e provinciale. Tant’è. I tre romeni erano privi di documenti di identità e sono stati condotti in Questura per l’identificazione con le impronte digitali.
L’allarme contro i predoni di fauna ittica si leva a ripetizione e ogni tanto le forze dell’ordine pizzicano qualcuno con le mani nel sacco. Fra le più rilevanti, quella dell’estate 2017, quando la Guardia di Finanza insieme agli ispettori del servizio veterinario e dello Spisal, e ai vigili del fuoco, ha dato vita alla “Operazione Siluro”, con tanto di elicottero, coordinata da Prefettura e Procura, con i blitz in aziende di pesca di Adria, Loreo, Taglio di Po, Frassinelle, Porto Tolle, Canaro e Villamarzana, tutte gestite da romeni, una con un socio italiano, nonché quella dello scorso giugno, chiamata non a caso “Carpe diem”, eseguita la Sezione operativa antibracconaggio Cites, con i Carabinieri Forestali di Rovigo, Ferrara, Venezia, Padova, Verona, Bologna e Ravenna: 11 denunciati e quattro elettrostorditori e reti per oltre mezzo chilometro sequestrate. I militari hanno parlato di «attività di pesca con metodi illegali e sempre più invasivi, caratterizzati da violenze e truffe da parte di affiliati ai sodalizi criminali, strutturati in organizzazione piramidale del tutto sovrapponibile ai clan camorristici». I predoni, quasi tutti provenienti dal Delta del Danubio, in netta prevalenza lipoveni, originari di Tulcea, gemellata con Rovigo, svuotano fiumi e canali con mezzi proibiti e poi trasportano il pescato in condizioni igieniche precarie nei mercati esteri. Non solo: stanno emergendo prove che parte del pescato transiti anche attraverso i mercati ittici locali.
Ultimo aggiornamento: 08:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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