Candidopoli, liste elettorali e firme false: tre di "L'Altra Italia" a processo, due patteggiano

Venerdì 3 Febbraio 2023 di Francesco Campi
Candidopoli, liste elettorali e firme false: tre di "L'Altra Italia" a processo, due patteggiano

ROVIGO - Prime pene e tre rinvii a giudizio per violazioni delle norme elettorali nell’ambito dell’inchiesta “Candidopoli”, con la quale la Guardia di Finanza di Este ha portato alla luce le alchimie del partito di ultradestra L’Altra Italia, creato e animato dal pugliese Cosimo Damiano Cartelli, detto “Mimmo”, le cui liste presentate alla tornata delle amministrative del 2020 in venti piccoli Comuni da un capo all’altro dell’Italia, erano piene di candidati “a loro insaputa”. Prevalentemente pugliesi, molti disabili o ultraottantenni, le cui firme venivano falsificate, attestando falsamente anche la loro presenza in luoghi dove mai avevano messo piede in vita loro. Proprio Cartelli, 49 anni, di Lecce, fondatore e segretario del movimento politico, che il 23 settembre del 2021 era finito agli arresti domiciliari, è stato ieri rinviato a giudizio dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Rovigo Silvia Varotto insieme a Felicetta Tartaglia, 57 anni, foggiana, e a Francesco Merafina, 61enne segretario pugliese di L’Altra Italia.

DUE PATTEGGIAMENTI
Hanno scelto la via del patteggiamento (pena sospesa) il 59enne Francesco Foti, di Rovigo, dove lavorava come vigile urbano, presidente nazionale del partito ed eletto nel 2019 consigliere comunale a Barbona proprio in una delle elezioni che hanno insospettito gli inquirenti, e il 51enne leccese Gianluca Trisiello, eletto consigliere a Roccantica, in provincia di Rieti.

Foti ha patteggiato 2 anni, Trisiello 1 anno e 3 mesi. Per la sesta persona per la quale la Procura di Rovigo aveva chiesto il rinvio a giudizio, Matteo Simari, 38 anni, di Pavia, componente della segreteria nazionale e responsabile nazionale dell’ufficio elettorale del movimento, il giudice ha pronunciato una sentenza di non luogo a procedere.

IL SISTEMA
Il “trucco” utilizzato dal piccolo movimento, come aveva spiegato il pm Ermindo Mammucci che ha coordinato le indagini, «era di presentare candidature in piccole realtà territoriali dove vi era buona probabilità di eleggere un proprio rappresentante per ottenere una visibilità sull’intero territorio nazionale, in modo da far accrescere il consenso per successive consultazioni elettorali». Come accaduto, appunto, nel 2019 a Barbona, primo exploit per L’Altra Italia che candidandosi come seconda lista in opposizione a quella del sindaco uscente Francesco Peotta, poi largamente rieletto, riuscì comunque a ottenere 23 voti e tre seggi in consiglio: Foti, Paolo Zanella, pensionato polesano di Castelmassa, nonché il candidato sindaco, Domenico Farlò, leccese, convinto di correre per un comune della Basilicata e che mai si è presentato in consiglio, venendo poi dichiarato decaduto. Le indagini hanno poi accertato due candidati non avevano mai sottoscritto la candidatura, mentre per lo stesso Farlò e altri due attestato che fosse avvenuta a Rieti, dove in realtà mai erano stati. Situazioni simili per le elezioni a Vighizzolo d’Este, Vodo di Cadore e in altri 17 Comuni, in altrettante province, da Alessandria a Vibo Valentia.

Ultimo aggiornamento: 07:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci