Tre aziende al centro dell'inchiesta per maxi evasione fiscale

Martedì 16 Giugno 2020 di Francesco Campi
L'arrestato Giuseppe La Rosa
BADIA POLESINE - Hanno la loro sede a Badia Polesine ben tre delle aziende al centro della maxi inchiesta “Pupari 2.0” su un’associazione a delinquere finalizzata all’evasione dell’Iva, in particolare nel settore del pellet, che venerdì hanno portato la Guardia di finanza di Padova a notificare sette misure cautelari, due arresti e cinque obblighi di firma, ed eseguire 51 perquisizioni in sette regioni nell’ambito dell’indagine, per un giro di Iva evasa stimato in 10 milioni.
LE SOCIETÀ
Si tratta della Sany Energy srls, della Evergreen srls e della Logistik Europe srl, tutte che secondo l’accusa fanno parte della rete societaria i cui fili sarebbero tenuti da Giuseppe La Rosa, che venerdì ha proclamato la propria innocenza nell’interrogatorio di garanzia dinnanzi al giudice per le indagini preliminari Pietro Mondaini, spiegando di essere un semplice dipendente, seppur con il ruolo di responsabile delle vendite, con buone provvigioni. Ma, ha spiegato, la contabilità era in mano ad altri, in particolare ha puntati il dito sul commercialista Nicola Silvestrini di Legnaro, a sua volta indagato, motivo per cui lui, invece, nulla sapeva della presunta evasione milionaria dell’Iva.
L’ARRESTATO
La Rosa, 56 anni a luglio, nato a San Cipriello, nell’entroterra della provincia di Palermo, ma domiciliato a Megliadino San Vitale in via Adige 5, è l’unico finito in custodia cautelare in carcere dei 21 indagati, con l’altro arresto a carico della figlia Rosanna, 29 anni, finita ai domiciliari, non è un “indagato qualunque”: è stato un elemento di spicco della cosca mafiosa di San Giuseppe Jato facente capo al boss Baldassarre “Balduccio” Di Maggio, che aveva scalato il clan Brusca, e nel 2002 è stato condannato a 10 anni di reclusione. Fra le accuse, associazione mafiosa, omicidio, vilipendio delle tombe e ricettazione.
IL PENTIMENTO
È poi diventato un pentito, venendo inserito in un programma speciale di protezione dei collabori di giustizia, spostato fra Padova e Verona. Una volta tornato in libertà, ha iniziato ad avviare una serie di attività e ben presto sono tornati a sorgere dei dubbi sul suo operato, tanto che nel 2016 è stato rinviato a giudizio dal tribunale di Verona per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, mentre nel 2017 due aziende a lui riconducibili sono state oggetto di un’interdittiva antimafia, una del prefetto di Verona e una del Prefetto di Padova.
A difenderlo è l’avvocato Giuseppe Antonucci, che assiste anche la figlia Rosanna.
FIGLIA COINVOLTA
Anche lei, venerdì, ha voluto chiarire la propria posizione dinnanzi al gip Mondaini. E sostanzialmente ha spiegato come non avesse alcun ruolo operativo autonomo, essendo solamente una mera esecutrice di quanto le veniva detto di fare, come semplice impiegata della medesima azienda Logistik Europe, relazionandosi con il padre per quanto riguarda le vendite, di cui lui era responsabile, ma soprattutto con l’amministratore, Gianluigi Zanconato, di Castagnaro, anche lui indagato, a volte anche accompagnandolo per delle commissioni, ma ha ribadito a sua volta come tutta la contabilità fosse nelle mani dello studio Silvestrini.
PRESTANOMI
Secondo l’accusa, invece, Giuseppe e Rosanna La Rosa erano entrambi amministratori di fatto di società fittiziamente intestate a prestanome e il meccanismo adottato per evadere l’Iva, attraverso triangolazioni con società “cartiere”, era quello delle cosiddette frodi carosello. I soldi “guadagnati” con questo giochetto dei passaggi fra aziende, sfruttando anche il diverso regime fiscale sul pellet fra diversi Stati, secondo gli inquirenti avrebbe permesso non solo di sottrarre al fisco milioni di euro, ma anche di immettere sul mercato il pellet a prezzi assolutamente concorrenziali, strappando così alle imprese oneste le commesse, in particolare quelle della grande distribuzione.
 
Ultimo aggiornamento: 07:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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