In dieci anni perso un quarto degli artigiani: peggior dato in Veneto e quinto nazionale

Lunedì 27 Marzo 2023 di Francesco Campi
La chiusura di tante attività artigiane porta alla sparizione delle professionalità, nonché ai locali vuoti nelle città

ROVIGO - In un decennio sono spariti quasi un quarto degli artigiani polesani, il dato peggiore del Veneto e il quinto a livello nazionale. Con loro si sono dissolte tradizioni secolari ed esperienze preziose. Stanno scomparendo falegnami, restauratori, tappezzieri, fabbri, sarti, calzolai, vetrai, ma anche riparatori di elettrodomestici, orologiai, impagliatori, lattonieri, pellettieri e ricamatrici, in un’evoluzione che fa dell’usa e getta il proprio mantra.

E che sta gettando via qualcosa di più di numeri e oggetti: professioni che erano arte e storia della società e che hanno disegnato le città. Tutto travolto da un sistema globale che rende più “conveniente”, ma solo apparentemente perché il prezzo è “ambientale”, comprare qualcosa di nuovo piuttosto che ripararlo. Un anonimo click rispetto al confronto con un artigiano. Un video sul telefono piuttosto che una cultura che fino a oggi era tramandata di padre in figlio.

L’ANALISI
A lanciare l’allarme su una situazione che sta facendo sempre più drammatica è l’Ufficio studi della Cgia. «Fiaccati dal boom degli affitti, dalle tasse, dall’insufficiente ricambio generazionale, dalla contrazione del volume d’affari provocato dalla storica concorrenza della grande distribuzione e da qualche anno, anche dal commercio elettronico, gli artigiani stanno diminuendo in maniera spaventosa. Negli ultimi dieci anni, infatti, anche in Veneto il numero dei titolari, dei soci e dei collaboratori artigiani iscritti all’Inps è crollato di 33.552 unità, meno 17,1%. La contrazione media nazionale, invece, è stata pari al 15,1%». Ancor più nero è il dato della provincia di Rovigo, il peggiore del Veneto, il quinto a livello nazionale: meno 22,2%. Dai 9.833 del 2012 ai 7.646 del 2021. Il dato del 2022 ancora non è consolidato, ma le stime dell’Ufficio studi della Camera di commercio indicavano nello scorso anno un’ulteriore contrazione del 3,4%, con una perdita di altre 199 attività artigiane rispetto al 2021 e di ben 523 rispetto al 2019.
Se il commercio è in crisi, l’artigianato se la passa forse anche peggio. «È un’emorragia continua che sta colpendo, in particolar modo, l’artigianato tradizionale, quello che con la sua presenza, storia e cultura ha contrassegnato, sino a qualche decennio fa, tantissime vie delle nostre città e dei paesi del nostro Veneto», rimarca la Cgia.
A livello regionale, dopo Rovigo c’è Verona, con 8.214 imprese artigiane perse fra 2012 e 2021, pari al 21,6%, settima a livello nazionale, poi Belluno con 1.373 artigiani persi pari al 17,8%, Padova con 6.674 artigiani e il 16,8% e Vicenza 5.975 pari al 16,3%. Cali sempre pesanti, ma più contenuti, per Venezia, 4.172 e 14,5%, e Treviso a 4.957, il 14,1%.

MESTIERI IN ESTINZIONE
Andando oltre le cifre, la Cgia evidenzia come «sono molti i mestieri artigiani in via di estinzione e le cause sono molteplici: sono cambiati i comportamenti d’acquisto dei consumatori, le nuove tecnologie hanno spinto fuori mercato tante attività manuali e la cultura dell’usa e getta ha avuto il sopravvento su tutte le altre penalizzando, in particolar modo, coloro che del riuso e della riparazione di oggetti e attrezzature avevano fatto una professione. Per contro, i settori artigiani che stanno vivendo una fase di espansione importante sono quelli delle aree appartenenti al benessere e all’informatica».
In aumento, infatti, acconciatori, estetisti, massaggiatori e tatuatori, ma anche sistemisti, addetti al web marketing, video maker ed esperti in social media. La Cgia nota amaramente come «basta osservare con attenzione i quartieri di periferia e i centri storici per accorgersi che sono tante le insegne rimosse e altrettante le vetrine non più allestite, perennemente sporche e con le saracinesche abbassate. Segnale del peggioramento della qualità della vita di molte realtà urbane. Con meno botteghe e negozi di vicinato, diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani».

Ultimo aggiornamento: 17:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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