Pensioni. In Polesine un anziano su due vive con meno di mille euro al mese

Domenica 21 Agosto 2022 di Nicola Astolfi
Cresce la popolazione anziana in Polesine
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ROVIGO - I pensionati polesani sono i più esposti in Veneto agli effetti del caro vita. Per oltre la metà (50,65%) dei residenti in provincia di Rovigo che percepiscono la pensione di vecchiaia (25.386 pensioni su 50.119), l’importo mensile è inferiore a mille euro.

A Venezia, invece, sono sotto la soglia dei mille euro al mese di pensione di vecchiaia “solo” il 39,44% dei pensionati in questa categoria.

Sotto il 50% anche le altre province venete. A Vicenza sono quattro pensionati su 10 (40,83%), mentre il 43% a Padova (43,14) e a Belluno (43,38). Poi, il 43,35% in provincia di Treviso e il 46,63% nel Veronese. 


CRISI FINANZIARIA
Anche se rispetto al quadro nel 2018 (l’anno del crollo dei mercati azionari, poi trasformatosi in crisi finanziaria nel 2019) la quota delle pensioni di vecchiaia fino a 999 euro si è ridotta dal 58,21 al 50,65 per cento del totale, a oggi le 50.119 pensioni di vecchiaia erogate dall’Inps in Polesine restano in Veneto quelle con l’importo medio più basso della regione: 1.1153,04 euro mensili, vale a dire quasi l’11,5% in meno della media regionale, pari a 1.302,41 euro. Nelle altre province venete gli importi medi delle pensioni di vecchiaia più alti sono a Venezia (1.404,85 euro, +7,9% della media regionale). Mentre a Vicenza (1.307,95 euro, più 0.4%) e a Padova (1.314,31 euro, +0,9%) sono poco superiori all’importo medio in Veneto. A Treviso (-1,4%), Verona (-2%) e a Belluno (-4,8%) sono invece sotto la media, ma non quanto in provincia di Rovigo. 


POTERE D’ACQUISTO 
La riduzione del potere d’acquisto delle pensioni a causa degli aumenti generalizzati dei prezzi, dunque, si sta facendo sentire in Polesine più che nelle altre province. E bisognerà aspettare fino al 2023 - con la speranza che nel frattempo la salita dell’inflazione si arresti, e prenda una strada in discesa - perché alle pensioni sia restituito ciò che è stato tolto quest’anno dai prezzi in salita. La parola magica, infatti, è “perequazione”. Che è la rivalutazione annuale degli importi dei trattamenti pensionistici per adeguarli al costo della vita. 


TASSO D’INFLAZIONE 
A oggi il tasso di inflazione su base annua del 2022 è stimato a oltre l’8%. È un dato che non si registrava dagli anni Ottanta, e che secondo i tecnici dell’Inps - dopo la recente presentazione del XXI Rapporto dell’Istituto previdenziale - potrà avere un impatto importante sulla spesa pensionistica a partire dal 2023. L’adeguamento delle pensioni all’inflazione permetterà infatti ai pensionati, il prossimo anno però, di ricevere aumenti piuttosto cospicui sul loro trattamento economico. Perché secondo le regole in vigore a oggi, si applica una rivalutazione piena al 100% per le pensioni fino a 4 volte il minimo, al 90% sulla quota di pensione tra quattro e cinque volte il minimo, e del 75% sulle pensioni oltre cinque volte la quota minima. 


ASSEGNO MINIMO 
Nel 2022 la pensione minima ha un importo mensile di 524,35 euro: in definitiva, significa che chi percepisce una pensione fino a 2.097,4 euro dovrebbe recuperare nel 2023 tutto il potere d’acquisto che sta perdendo ora a causa dell’aumento dei prezzi. Ma, intanto, sono proprio i pensionati polesani a fare i conti con l’aumento dell’inflazione: pagano più di tutti in Veneto e pure nel confronto nazionale, perché la quota italiana delle pensioni di vecchiaia con importi inferiori a 1.000 euro è 46,97% (rispetto al 50,65% del totale in provincia di Rovigo).

Ultimo aggiornamento: 22 Agosto, 08:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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