Andrea Segre a zonzo sul Po: il docu-film con Gian Antonio Stella, immagini mai viste sull'alluvione

Sabato 26 Marzo 2022 di Adriano De Grandis
Un fotogramma di "Po" di Andrea Segre

ROVIGO - L'infaticabile Andrea Segre arricchisce con un'ulteriore tappa il suo percorso creativo, firmando un nuovo documentario, che è il suo riferimento principale, oltre al più riuscito, stavolta con il giornalista e scrittore Gian Antonio Stella. Il film si chiama semplicemente Po, perché probabilmente non c'è davvero bisogno di aggiungere altro.

Po non è solo il nome del fiume più lungo d'Italia, ma anche un modo di intendere la vita, come dice d'altronde uno degli intervistati, che dai quei luoghi probabilmente non si è mai mosso troppo. Po non è solo una ricognizione dell'oggi, ma soprattutto una rilettura di un territorio e dei suoi abitanti, che parte ovviamente da uno degli eventi più tragici dell'Italia dell'immediato dopoguerra: la grande alluvione del '51, già raccontata diverse volte, ma che per Segre (e Stella) meritava un ulteriore ripasso.

LA MEMORIA

Su questo il regista padovano di Io sono Li e Welcome Venice, non ha dubbi: «È un film che nasce per valorizzare un archivio fenomenale, materiale che in tanti anni non si era mai visto portato in sala. L'Istituto Luce ha contattato Stella, che a sua volta ha chiamato me. Con Gian Antonio ci conosciamo da diversi anni. Avevo già collaborato con lui all'epoca dei miei documentari sugli immigrati, che lui aveva seguito e apprezzato, come Mare chiuso, L'ordine delle cose eccetera. L'idea mi è piaciuta subito, anche quella di lavorare insieme ed eccoci qua». Il Po svolge un'attrazione forte, specie in chi non lo conosce bene: «Indubbiamente. È una zona che conoscevo soprattutto attraverso Rovigo, dove mia madre lavorò per diverso tempo alla Agenzia delle Entrate. Così ci andavo ogni tanto e oggi lo rivivo attraverso dei flash, attraverso il paesaggio che da bambino scoprivo dal treno che da Rovigo arrivava a Chioggia, la città di mia mamma. Il fiume lo frequentavo meno, un rapporto che per tutti non c'è più comunque come allora. Il Po oggi non è più vissuto, usato come un tempo, quando serviva soprattutto come trasporto fluviale. E l'alluvione lo ha reso, dal quel lontano '51, ancora meno abitabile. All'inizio del film quando esploriamo ai giorni nostri il delta del fiume, mostro soprattutto il suo vuoto, non essendoci più grande scambio con la popolazione, un vuoto che fa sì che il Po oggi venga narrato solo mitologicamente».

A ZONZO

Andare in giro in cerca di testimonianze è stata la risorsa essenziale per dare forma al documentario: «Mi sono piaciute le persone. Il territorio resta bellissimo, anche se tutto si concentra sul delta, mentre fu la campagna tra Occhiobello e Adria ad essere la più colpita, là dove si parla una lingua mista tra dialetto veneto e ferrarese, una linea di confine anche socio-politica, tra il bianco e il rosso, un bell'incrocio che ha acceso la nostra voglia di indagare, trovare, capire, dare un valore giornalistico alla nostra ricerca, anche storica, sulle orme ad esempio del grande lavoro svolto da Gian Antonio Cibotto». Il resto lo fa, come detto, tanto materiale d'archivio, che si alterna con il girato ai giorni nostri, dove gli intervistati ricordano quel tragico evento e raccontano la loro vita a ridosso del fiume. E mentre Segre sta già pensando a un nuovo film, stavolta di finzione, stasera Po, prodotto dall'Istituto Luce, inizia il suo percorso in sala, con un'anteprima al Cinema Teatro Duomo di Rovigo, prima di essere distribuito da martedì con Zalab film. 

Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 11:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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