Autodromo sequestrato, ora si teme si spengano i motori anche del tessuto economico

Mercoledì 19 Gennaio 2022 di Guido Fraccon
Un autotreno adibito al trasporto di vetture da corsa lascia l'autodromo

ADRIA - Ventennale amaro per l’Adria International raceway. I sigilli apposti lunedì all’autodromo di Adria rappresentano una ferita profonda per il mondo motoristico locale e regionale, ma soprattutto per il tessuto economico della comunità del Groto e del Basso Polesine. La speranza per le attività di ristorazione della zona di Adria e del Delta, oltre che per gli amanti dei motori, è che possa ripetersi quanto è accaduto anni fa all’autodromo di Franciacorta. A un mese esatto dal giorno in cui la Guardia di finanza aveva posto i sigilli alla struttura bresciana, dopo che la precedente gestione era fallita, i motori avevano ripreso a girare in pista.

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È stata una giornata movimentata ieri ai cancelli del circuito, presidiati dalle Forze dell’ordine oltre che da personale di vigilanza privata. Sin dalle prime ore del mattino, piloti e team si sono presentati in località Smergoncino per prelevare le auto e i materiali di loro proprietà, dopo aver dimostrato di essere in possesso dei titoli. Difficile, se non impossibile, mettersi in contatto con il curatore fallimentare e con la famiglia Altoè che in questi anni, sotto diverse vesti, ha rappresentato il punto di riferimento per l’autodromo in questi anni.

LO STUPORE

«Noi - sottolinea Silvano Bolzoni, team principal della scuderia adriese Bolza corse - avevamo in autodromo solo due vetture. Mi è stato comunicato di recarmi alle 14 a prelevarle, cosa che abbiamo fatto. Ci è stato chiesto di presentarci con il cosiddetto certificato sportivo dell’auto, il curatore è stato gentilissimo. Cosa sia accaduto precisamente non lo so. Certo per noi è stato un episodio doloroso. Eravamo di casa, di famiglia, in autodromo. Spero vivamente che la struttura possa riaprire e che il nostro team torni a correre sul suo “circuito privato”. I mezzi sono stati portati via quasi tutti. È rimasta qualche vettura straniera».
Qualcuno ai cancelli prova ad azzardare un’ipotesi. «L’attuale gestore, BioItalia - afferma un esponente di una scuderia, chiedendo la cortesia che venga mantenuto il riserbo sulle sue generalità - ha stipulato un preliminare per un contratto di locazione per la gestione dell’autodromo. Il curatore si sarebbe opposto».
«È una batosta - racconta il consigliere comunale di Adria, Lamberto Cavallari, cresciuto a pane e motori - per la pista, ma soprattutto per le attività della zona. C’è un locale di Adria che negli ultimi tempi lavorava quasi esclusivamente con i piloti». «È una mazzata per le attività e il tessuto economico - specifica anche il capogruppo della Lega Paolo Baruffaldi, ex pilota di kart e ora di rally - le istituzioni dovrebbero fornire sin da subito il proprio contributo affinché i cancelli riaprano il prima possibile. Ne va dell’economia di tutto il territorio».

LA VICENDA

L’operazione è legata al fallimento, con un passivo di circa 53 milioni, di F&M, con sede legale in Roma, società che aveva gestito la pista. La sentenza di fallimento, pronunciata dal Tribunale di Rovigo, è datata 21 ottobre 2020 e sono stati nominati curatori fallimentari il dottor Giovanni Tibaldo e l’avvocato Roberto Nevoni. A promuovere il fallimento è stata la Darma Asset management sgr, una società milanese che sui trova in liquidazione coatta amministrativa. Secondo la sentenza, F&M, che era il soggetto partecipante al fondo, aveva riottenuto la gestione dell’autodromo tramite un contratto di affitto dell’azienda. Nel fallimento, poi, erano entrati anche altri debiti di F&M nei confronti di Darma, che però non erano collegati all’attività della pista, ma su altri fronti economici. In questi rapporti era nato il contenzioso tra Darma e F&M, a causa del mancato rispetto dei termini di pagamento da parte di quest’ultima, arrivando così a chiederne il fallimento che ha trascinato con sé l’autodromo.
 

Ultimo aggiornamento: 16:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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