Zaia in piazza: «Il "Conte 2" non è legittimato e la nostra manifestazione lo dimostra»

Domenica 20 Ottobre 2019 di Alda Vanzan
Zaia in piazza: «Il "Conte 2" non è legittimato e la nostra manifestazione lo dimostra»
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«La mia non era assolutamente un'invocazione alla violenza, figuriamoci, sono un obiettore, credo nella non violenza. Ma i poliziotti devono essere messi nelle condizioni di agire se hanno bisogno di farlo». Il governatore del Veneto Luca Zaia è stato uno degli ultimi a intervenire sul palco della manifestazione del centrodestra in piazza San Giovanni a Roma. E il suo intervento sull'uso del manganello - «Togliere il galateo alle forze dell'ordine e riconsegnare loro il manganello» - ha provocato un putiferio.
Presidente Zaia, che significato ha avuto questa manifestazione?
«Quando vedi tutta questa gente, una partecipazione trasversale sia dal punto di vista regionale che politico, capisci il governo Conte II non gode del consenso popolare, tanto è vero che Pd e M5s non vogliono andare a votare. Abbiamo un governo che non è legittimato dal popolo. E questo è un segnale che dovrebbe essere valutato anche dal presidente Mattarella».

In che termini?
«La Boschi, che è l'ago della bilancia della tenuta del governo, dichiara che il Pd è il partito delle tasse. È chiaro che non può durare così. Ma i grillini sanno che se vanno a votare vengono fortemente ridimensionati, il Pd ugualmente non è in grado di affrontare le elezioni. Se non è così, allora si vada al voto, le elezioni sarebbero sanificatorie per tutti, è dall'ultimo governo Berlusconi che non c'è più un premier che esce dalle urne».
Che effetto le ha fatto rivedere il centrodestra unito in piazza?
«A me ha fatto effetto la piazza. Io che ho visto tutte le Pontida, posso dire che questa è una Pontida all'ennesima potenza, specie in un momento in cui la politica è sempre più digitale. Qui siamo tornati al materiale vero e proprio, non siamo nella virtualità ma nella fisicità. Una piazza così o la riempi o non la riempi e il merito del centrodestra di nuovo unito è di Salvini. La piazza è solo sua. Questa è una manifestazione della Lega voluta da Salvini che ci ha messo la faccia per l'ennesima volta».
Però Salvini, presentando Berlusconi, ha detto: questa piazza ci impone di lavorare insieme. Lei è favorevole al ritorno dell'alleanza di centrodestra?
«Il mandato per decidere lo schema di gioco ce l'ha il segretario. Sono temi che affronterà Salvini».
Nel 2020 in Veneto lei riproporrà l'alleanza di centrodestra?
«Parlerò della campagna elettorale a tempo debito».
Però Berlusconi ha detto: per vincere siamo tutti indispensabili. Concorda?
«Io penso ci siano più verità. Da un lato il motto da soli si fa prima, insieme si fa più strada, dall'altro è anche vero che la politica corre sull'onda più delle leadership che delle casacche. La vera sfida sarà mixare le due condizioni».
La leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, ha chiesto una firma contro l'inciucio: mai col Pd, mai con il M5s. Lei firmerebbe?
«Semmai spetta a Salvini, dico però che la Meloni sostiene cose a me ben note. Ad esempio, le Olimpiadi abbiamo sudato per portarcele a casa, oggi il premier Conte le cita a ogni piè sospinto come un grande risultato del governo e non è vero, è un risultato tutto nostro, tanto è vero che ce le siamo dovute pagare. E poi: sulla Tav quattordici mesi di discussioni ridicole, il tema delle Grandi Navi a Venezia irrisolto, sulla Pedemontana siamo stati letteralmente lasciati soli».
La presenza di CasaPound in piazza le ha dato fastidio?
«Sinceramente non li ho neanche visti, forse sarà stato un gruppetto da qualche parte. Se vengono in piazza ad ascoltare le idee della Meloni o quant'altro, ne prendo atto. Valuto invece se comincia a diventare una alleanza organica, ma non mi risulta che siamo alleati da nessuna parte».
Durante il suo intervento ha detto che bisogna «togliere il galateo alle forze dell'ordine e riconsegnare il manganello». E per questo è stato duramente criticato. Il ministro Federico D'Incà (M5s) ha detto che chi rappresenta le istituzioni deve misurare le parole e non fare propaganda», il sottosegretario Andrea Martella (Pd) ha detto che «le istituzioni e lo Stato non possono deporre in alcun modo a favore della becera violenza repressiva per affermare i propri principi cardine» e che «questa è democratura», una democrazia illiberale.

Anche Chef Rubio l'ha contestata chiedendole se Aldovrandi «è morto di freddo».
«Io sono obiettore di coscienza e credo nella non violenza. Il riferimento al manganello è un modo per dire che la polizia deve essere messa nelle condizioni di agire se ha bisogno di farlo. Vediamo dei video in rete di gente che sputa addosso agli agenti. Ma avete visto come si muove la polizia spagnola o quella tedesca, francese, inglese? Mica pettinano le bambole. Noi purtroppo paghiamo lo scotto di un brutto periodo storico del nostro paese che è il fascismo e oggi ogni volta che si dice che alla polizia devono essere dati più poteri si torna sempre al pensiero del Ventennio. Al giornalista dai la penna e il taccuino, al poliziotto gli darai la possibilità di difendersi o no? Ricordo che la sinistra aveva proposto di mettere le matricole sui caschi per identificarli nei filmati».
Le sue parole però sono state intese come un'invocazione alla violenza.
«Non è così, assolutamente. È, in maniera figurata, dire che se hanno il manganello devono poterlo utilizzare. L'ho detto perché abbiamo sempre più notizie di poliziotti, inermi, che si fanno offendere, spintonare, sputare addosso e che non si muovono perché hanno paura di passare dalla parte degli imputati. Il ministro D'Incà è contrario? Mandi avanti una proposta di legge per far togliere il manganello. E comunque è in buona compagnia con Chef Rubio. Vi ricordate, no, cosa aveva detto quando sono stati ammazzati i due poliziotti a Trieste».
Ultimo aggiornamento: 11:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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