Vitalizi, così lievitati gli assegni
dei consiglieri regionali veneti

Martedì 3 Marzo 2015 di Alda Vanzan
Vitalizi, così lievitati gli assegni dei consiglieri regionali veneti
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VENEZIA - Andrea Causin, uno dei tre consiglieri regionali che, più rari delle mosche bianche, dal 1970 ad oggi hanno rinunciato all’assegno vitalizio, ha fatto un paio di conti arrivando alla conclusione che non c’è nessun altro lavoro al mondo in grado di assicurare una pensione così sostanziosa con pochi anni di attività. Solo in politica. I conti di Causin sono i seguenti: in poco più di 8 anni di consigliere regionale ha versato di contributi neanche 137mila euro. Se non avesse rinunciato, al compimento dei 65 anni Causin avrebbe preso un vitalizio di circa 2.800 euro al mese. Netti. Il costo per la Regione sarebbe stato più alto. «Ho calcolato circa 60.000 euro all’anno come costo per la Regione. Ipotizzando di vivere fino a 85 anni, i miei vent’anni di vitalizio sarebbero costati all’ente 1 milione e 200 euro. Non c’è nessuna proporzione».

Ciò nonostante, la decisione del consiglio regionale del Veneto di ridurre per tre anni i vitalizi ha provocato polemiche e carte bollate, con 60 ex che hanno fatto ricorso al Tar. Chi sta fuori dei palazzi della politica fa fatica a capire anche perché i vitalizi se li sono auto-dati gli stessi consiglieri, applicando quote e parametri che non hanno eguali nel resto del mondo lavorativo. Ecco allora che val la pena ricordare come si è arrivati a "pensioni" così sostanziose, compreso il caso di quel consigliere regionale che è stato a Palazzo Ferro Fini sei mesi, ha usufruito della possibilità di versare i contributi volontari e adesso prende più di 3.500 euro netti al mese.

Tutto comincia nel 1973 quanto il consiglio regionale del Veneto approva una legge che istituisce, a far data dal 1970 (quando sono sorte le Regioni), la Cassa di previdenza per i consiglieri regionali. Questa Cassa ha lo scopo di provvedere alla corresponsione di un assegno vitalizio in favore dei consiglieri cessati dal mandato e, in caso di morte, di un assegno di reversibilità agli aventi diritto. Funziona così: i consiglieri versano alla Cassa il 10% dell’indennità consiliare lorda, il vitalizio scatta al compimento dei 55 anni di età dopo aver versato i contributi per almeno 5 anni ed è pari al 20% dell’indennità consiliare lorda. Per ogni anno di contribuzione l’assegno aumenta del 3% fino al limite massimo del 60% dell’indennità.

Nel 1975 vengono cambiate le quote: quella a carico dei consiglieri passa dal 10% al 13%. E l’assegno vitalizio "base" diventa più consistente: non più il 20% ma il 30% dell’indennità. Da registrare che sempre nel 1975 viene istituito un "premio di reinserimento nella vita professionale": ai consiglieri che non vengono rieletti viene data una mensilità dell’indennità per ogni anno di mandato per un massimo di dieci mensilità. Il "premio di reinserimento", poi chiamato indennità di fine mandato, quest’anno sarà un salasso per le casse di Palazzo Ferro Fini: tutti quelli che a maggio non saranno rieletti saranno pagati.

Quanto al vitalizio, le quote negli anni continuano a essere cambiate fino al 2007. Oggi la quota a carico dei consiglieri - finché fanno i consiglieri - è il 25% dell’indennità. Il vitalizio minimo resta fissato al 30% dell’indennità consiliare per 5 anni di contribuzione, fino a un massimo del 70%. Occhio, il riferimento è il Parlamento: "ai soli fini della determinazione dell’assegno vitalizio e dell’assegno di fine mandato, l’indennità consiliare lorda è pari all’80% dell’indennità parlamentare". Ma chi paga in caso di disavanzi della Cassa di previdenza? Ovvio: il consiglio regionale. Tra parentesi: solo quest’anno la spesa per i 226 vitalizi ammonta a 11,2 milioni di euro.

Nel 2012 si stabilisce che dalla prossima legislatura il vitalizio è abolito. Chi sarà eletto il prossimo maggio avrà la "pensione" con il sistema contributivo. E non sarà più possibile avere la restituzione dei contributi versati.

Ultimo aggiornamento: 08:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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