Deejay contro Avventisti, è guerra (legale) fra le radio

Domenica 31 Marzo 2019
Deejay contro Avventisti, è guerra (legale) fra le radio
La sfida è tra "Ciao belli" e "Appuntamento con Dio", tra Deejay chiama Italia e "Faithbook" connessi a Gesù, tra Chiamate Roma triuno triuno e All'ascolto della Bibbia. Da una parte c'è infatti Radio Deejay, colosso ai vertici degli ascolti nazionali; dall'altra c'è invece Radio Voce della Speranza, emittente della Chiesa cristiana avventista del settimo giorno. In mezzo è in corso una guerra a colpi di carte bollate, che coinvolge anche Rai Way e dunque la diffusione del segnale radiotelevisivo pubblico, per le interferenze registrate tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, secondo quanto trapela da un'ordinanza del Tar del Lazio, chiamato a dipanare l'aggrovigliata matassa.
NUOVO RICORSO
Per il momento non c'è riuscito nemmeno il Tribunale amministrativo regionale, con sede a Roma, davanti a cui è pendente l'ennesimo ricorso dopo quelli depositati in passato e arrivati pure davanti al Consiglio di Stato, presentato contro il ministero dello Sviluppo Economico. Ma tant'è, la causa è stata oggetto di una nuova camera di consiglio lo scorso 20 marzo ed è stata aggiornata alla pubblica udienza del prossimo 29 gennaio, quando i giudici contano di poter esprimere un giudizio certo sulla base della perizia di un esperto dell'Università di Udine. In attesa di quel pronunciamento, ecco la sequenza dei fatti, per come li hanno riepilogati i magistrati della terza sezione.
NELL'UDINESE
Elemedia, società proprietaria di Radio Deejay e titolare della concessione ministeriale per lo svolgimento dell'attività di diffusione radiofonica a livello nazionale, ha irradiato il proprio segnale dall'impianto autorizzato di Pedrosa di Faedis sulla frequenza 97.900 megahertz, finché non sono emerse interferenze con gli impianti Rai di Venzone (97.900 MHz) e, soprattutto, Prepotto (98.000). Così nel 2011 l'impresa di Milano ha presentato all'Ispettorato territoriale del Friuli Venezia Giulia un progetto di compatibilizzazione fra i ripetitori, con lo spostamento del proprio segnale in un nuovo traliccio a Porzus e l'utilizzo di una potenza di 1.670 watt. Dopo aver effettuato una campagna di misure, nel 2013 la struttura del ministero ha ritenuto valido il piano, in quanto «idoneo a rimuovere ogni pregressa interferenza» nei confronti della Rai, ma ha anche rilasciato un'autorizzazione soltanto provvisoria, finalizzata a sperimentare per quattro mesi un'emissione di 420 watt. Dopodiché nel 2015 gli stessi tecnici ministeriali hanno comunicato l'intenzione di rendere definitivo il permesso, subordinandolo però alla potenza di quattro volte inferiore rispetto a quella richiesta. Perché?
NEL TREVIGIANO
È qui che entra in ballo Radio Voce della Speranza, di proprietà dell'Associazione media avventista italiana, che ha una delle sue sedi a Conegliano e irradia il proprio segnale dal sito di borgo Da Re a Fregona. Avendo superato i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, e dovendo ridurre a conformità il proprio impianto, l'emittente religiosa aveva chiesto di poter modificare la direzione e l'altezza del sistema radiante, tanto da ricevere nel 2014 un'autorizzazione provvisoria dall'Ispettorato territoriale del Veneto. A quel punto Elemedia, che rappresenta la radio diretta da Linus, è partita all'attacco, sostenendo che fossero stati proprio i cambiamenti apportati da Voce della Speranza a causare le interferenze, affermando che spettava agli uffici ministeriali verificare se determinassero «un eventuale peggioramento del rapporto interferenziale con altri operatori» e rimarcando che il proprio progetto era anteriore a quello degli avventisti per cui spettava a loro adeguarsi.
LA VERIFICA
Va da sé che la questione non è solo di principio, ma pure di quattrini: Elemedia ha chiesto al ministero «il risarcimento del danno derivante dalla mancata adeguata percezione del segnale radio», il quale a 420 watt determina «la riduzione dell'utenza rispetto a quella raggiunta con una potenza di segnale di 1.670», tanto da comportare «la mancata raccolta pubblicitaria» quantificata in 42.000 euro all'anno. Ora come ora, per il Tar del Lazio «il ricorso non è maturo per la decisione»: bisogna prima chiarire «alcuni aspetti di carattere tecnico», anche per accertare il peso di alcune altre interferenze croate. Per questo è stata commissionata una verifica al dipartimento friulano di Ingegneria, alla quale potranno partecipare anche i consulenti delle parti.
 
Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 11:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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