Indipendenza del Veneto, 24 arresti
e 27 indagati in tutta Italia
«Il tanko poteva sventrare edifici»

Mercoledì 2 Aprile 2014 di Giorgio Scura (nostro inviato)
Indipendenza del Veneto, 24 arresti e 27 indagati in tutta Italia «Il tanko poteva sventrare edifici»
235

BRESCIA - Dai discorsi da bar, al gruppo armato organizzato. Una vera associazione per delinquere che progettava di assaltare San Marco con i mitra e seminare il terrore.

Ieri mattina all'alba un blitz dei carabinieri del Ros, ordinato dalla Procura di Brescia (qui le prime riunioni, in un ristorante di Embrusco), ha decapitato un'organizzazione di indipendentisti veneto-lombarda.

L'obiettivo era uno e chiarissimo: dichiarare la secessione del Veneto dall'Italia. Con la forza. L'accusa è una, altrettanto precisa e pesantissima, terrorismo (nuovo articolo 270 del codice penale, fino a 15 anni di reclusione).

Gli arrestati sono 24, 16 dei quali in Veneto che è il cuore dell'indagine. Tra di loro un ex parlamentare, il veneziano Franco Rocchetta, 67 anni, ex sottosegretario agli Esteri del primo Governo Berlusconi, fondatore della Liga Veneta e tra i promotori del referendum on-line per l'indipendenza del Veneto.

Ma c'è anche il leader dei "Forconi veneti", il movimento del 9 dicembre che portò in strada migliaia di persone, Lucio Chiavegato e due ex Serenissimi che già avevano assaltato il campanile di San Marco nel maggio del '97: Flavio Contin e Luigi Faccia.

GLI ARRESTATI (FOTO)

Nelle ordinanze di custodia cautelare, c'è anche la fabbricazione e detenzione di armi da guerra: in un capannone a Casale di Scodosia (Padova), infatti, è stato sequestrato un carro armato artigianale, un tanko, ormai simbolo dei secessionisti veneti, in grado di fare fuoco.

FOTO - VIDEO 1 - 2

Ed è proprio questo tanko, l'elemento chiave di tutta l'inchiesta che ha convinto il giudice a firmare le ordinanze di custodia.

Si tratta di una pala meccanica della Fiat da 40 tonnellate in grado di sventrare edifici, ma anche facilmente trasportabile con un camion di medie dimensioni e una piccola chiatta.

In un capannone a Casale di Scodosia, l'hanno trasformata in un carro armato.

A parte stavano anche lavorando a un cannoncino in grado di fare fuoco: i carabinieri hanno documentato alcune prove di fuoco (a salve).

La loro idea non era originale: come fecero i "serenissimi" nel 1997 volevano portare il mezzo a San Marco e, in un delirio che farebbe sorridere se non ci fossero di mezzo armi vere (sequestrate 3 pistole e 14 fucili, legalmente detenute), e voglie di assaltare una città.

La data della "conquista di Venezia" non era stata ancora fissata («Probabilmente durante le elezioni europee» hanno ipotizzato gli investigatori), ma per quel "fatidico giorno" erano stati presi contatti con elementi della criminalità albanese per reperire armi leggere.

L'ingenuità del gruppo, leggendo l'ordinanza, si nota nel fatto che erano certi che le forze dell'ordine non sarebbero intervenute in massa per fermarli («Come è successo in Libia», si legge nelle intercettazioni)

A differenza del 1997 quando gli investigatori dovettero ricostruire "ex post" quanto accaduto, questa indagine è durata circa 3 anni, nel corso dei quali sono state monitorate decine e decine di persone notte e giorno. Intercettazioni ambientali, foto, video, probabilmente anche qualcosa in più (infiltrati?) hanno permesso di comporre un quadro probatorio massiccio.

Nei deliri del gruppo, era prevista la costituzione di un Governo Serenissimo per trattare con Stato italiano la secessione del Veneto - ha detto Tommaso Buonanno, il procuratore capo di Brescia.

C'erano stati contatti anche con un paio di indipendentisti sardi non troppo organizzati (nei faldoni si legge che, una volta giunti a Linate per incontrare i secessionisti veneti, si accorserero di non avere patenti di guida al seguito e quindi non potevano ritirare l'auto a noleggio...).

Fantasticavano anche di contatti con il Primo Ministro Serbo al quale volevano far sapere che loro non riconoscevano il Kossovo e "offirgli" l'assalto con il tanko come atto evidente di "serietà" di intenti.

Il gruppo criminale prevedeva di cavalcare la crisi e i malumori delle persone per farle rivoltare, sfruttare il momento di disperazione di molte famiglie per mettere in pratica il loro piano.

Non sono emersi finanziatori di peso, si andava avanti con l'autofinanziamento e nelle carte emergono diverse lamentele (specie da parte di mogli arrabbiate) su come i "secessionisti" spendessero i soldi dello stipendio.

Le donanzioni, però, andavano bene: proprio soffiando sul malcontento e su questa mai sopita e sempre strumentalizzata "voglia di indipendenza" sul conto corrente per le offerte sono passati non meno di 100mila euro.

Ma non erano delle "macchiette". Erano pericolosi sia per l'incolumità fisica delle persone sia per la tenuta democratica dello Stato, dicono gli investigatori:

avevano anche programmato attentati a Equitalia e a tralicci dell'alta tensione sulla scorta dell'esperienza altoatesina. Attentati poi mai effettuati ma solo per la preoccupazione di compromettere il "progetto".

Con un chiaro fine ricattatorio, infine, i capibanda facevano firmare dei moduli e schedavano tutti i simpatizzanti raccogliendo ruolo e informazioni personali in modo da "certificare" la partecipazione di ciascuno al disegno criminale.

Mentre la Lega si affretta a cavalcare e a difendere gli arrestati, a pagina 78/79 dell'ordinanza spunta il nome di Zaia che, da quanto si legge nella trascrizione di alcune telefonate, avrebbe richiesto un incontro al gruppo. E aveva anche un nome in codice "Mister McDonald" (dovuto probabilmente al fatto che quando era ministro promosse un panino della catena fatto con carne italiana).

Pronta la replica del presidente del Veneto Luca Zaia: «Apprendo con stupore - dice - di una intercettazione citata dalla stampa. Faccio presente che l'unica volta che ho visto la signora Badii è quando costei si è recata sotto la mia abitazione alla guida di una folta delegazione di persone che intendevano protestare. Nessuna mail, nessuna cartolina, nessuna telefonata, nessun sms è mai intercorso fra il sottoscritto e la signora Badii, tantomeno per interposta persona, né prima né dopo il 9 dicembre. Rapporti zero».

Tutto il resoconto dell'operazione sul Gazzettino in edicola o sull'edizione digitale cliccando qui

Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 16:06

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci