La Corte dei Conti accende
un faro su Veneto Sviluppo

Venerdì 18 Dicembre 2015 di Giuseppe Pietrobelli
Il palazzo dove ha sede Veneto Sviluppo a Mestre
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VENEZIA - Sullo sfondo c’è quel guardarsi un po’ in cagnesco tra Corte dei Conti e Regione del Veneto, anche a causa delle censure sui bilanci. I giudici contabili hanno evidentemente deciso di accendere un faro su Veneto Sviluppo, la finanziaria di Palazzo Balbi, a causa di un paio di investimenti che hanno portato a perdite per quasi 12 milioni di euro. Perchè non si sono appagati delle conclusioni dello studio legale Giani Origoni Grippo di Padova che, dopo aver passato ai raggi X quelle operazioni, aveva ritenuto che non esistessero responsabilità a carico degli amministratori della società partecipata al 51 per cento dalla Regione Veneto.
Anzi, gli amministratori avrebbero agito con la diligenza prevista dal Codice Civile. Adesso il colpo di scena.

La Procura regionale della Corte ha trasmesso a Giorgio Grosso, presidente uscente di Veneto Sviluppo, una comunicazione con cui invita ad interrompere i termini di prescrizione dell’azione erariale avviata per le perdite che furono messe a bilancio nel 2012. In pratica, Veneto Sviluppo deve "mettere in mora" i componenti del Cda, con relativi sindaci, che avevano come presidenti Emma Gemmo (dal 2008 al 2010) e Francesco Borga (nel 2010-11). Potrebbero essere loro a rispondere economicamente nel caso la Corte dei Conti ravvisasse sperpero di denaro pubblico nelle due operazioni finite sotto inchiesta.

A decidere una pulizia generale era stato il Cda presieduto da Grosso, che aveva messo sotto la lente gli investimenti in Cis e Giesse srl. La prima è una società veronese impegnata nello sviluppo di progetti immobiliari di diversa natura, ma presente con la partecipata Infracis anche nelle infrastrutture autostradali.
In quell’affare Veneto Sviluppo aveva il 3.15 per cento del capitale. Ora la società è in procedura di concordato. La perdita è stata di quasi 10 milioni di euro.

È invece fallita la società trevigiana Giesse (abbigliamento per bambini), il cui capitale era per il 20 per cento di Veneto Sviluppo (pagato circa un milione e mezzo di euro) e per il restante 80 per cento diviso tra la famiglia Barbon e la napoletana La Marca. Alle aspettative non corrispose la realtà economica. I libri sono finiti in Tribunale.

Il cda in carica di Veneto Sviluppo si è fatto carico di quelle situazioni colabrodo. E ieri ha puntualizzato: «Relativamente al prestito obbligazionario convertibile emesso in favore di Cis spa, in sede di concordato di ristrutturazione, abbiamo ottenuto il riconoscimento di un credito pari a quasi 5 milioni di euro, che per circa un terzo godrà di una priorità dei pagamenti nel processo liquidatorio in atto». Azione legale anche nei confronti di Giesse: «È stato esercitato il recesso dalla società e l’opzione anticipata di vendita della partecipazione agli altri soci». A seguire, decreti ingiuntivi, azione revocatoria e iscrizione di ipoteca sui beni immobili di un socio. Dopo due gradi di giudizio vinti, la partita è passata in Cassazione.
Ma adesso si apre il capitolo della Corte dei Conti, che sembra puntare sulla leggerezza degli investimenti economici che furono a suo tempo decisi da Veneto Sviluppo.
Ultimo aggiornamento: 10:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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