VENEZIA - Se la campagna vaccinale tenesse conto della crisi economica, mezzo Nordest dovrebbe ricevere prima di altre regioni più dosi di quelle calcolate in base al peso demografico. È quanto emerge dallo studio Covid-19 e rischio di disoccupazione, firmato da tre ricercatori dell'istituzione universitaria Imt Alti Studi Lucca, pubblicato su ArXiv e illustrato su Scienza in Rete. «La nostra proposta, quando i soggetti fragili saranno stati vaccinati, è quella di dare priorità ai lavoratori essenziali e a quelli che sono più a rischio di perdere il lavoro, tra cui in particolare i cassintegrati», affermano Angelo Facchini, Valentina Pieroni e Massimo Riccaboni.
Venezia. Il gondoliere: due anni senza lavoro, «qui sembra un cimitero»
L'IMPATTO
Per arrivare a questa soluzione, gli autori hanno studiato l'impatto delle misure di restrizione della mobilità individuale dal punto di vista sia epidemiologico (in termini di eccesso di mortalità), sia economico (come ore di cassa integrazione autorizzate).
IL CRITERIO
Considerando le priorità nella consegna delle dosi, l'indagine raffronta un criterio che tenga conto del rischio di disoccupazione indotto dal lockdown, con una ripartizione basata esclusivamente sulla popolazione lavorativa residente. «Confrontando queste due distribuzioni sottolineano i ricercatori abbiamo indicato come modificare la distribuzione dei vaccini per tenere conto delle pesanti conseguenze delle politiche di restrizione della mobilità sul piano occupazionale». Tutto il Friuli Venezia Giulia e il Bellunese dovrebbero avere, subito dopo i soggetti fragili, un «aumento significativo» di dosi rispetto al mero calcolo demografico, così come le province di Treviso, Venezia e Vicenza dovrebbero registrare un incremento «moderato». Invece nel Padovano, in Polesine, nel Veronese e in Alto Adige basterebbero i quantitativi puramente anagrafici secondo i tempi stabiliti, mentre il Trentino meriterebbe una «diminuzione moderata».