VENEZIA - «Dal 2017 al 2019, solo in Veneto, i 14 Comuni che avevano sottoscritto dei contratti derivati con le banche hanno dovuto sborsare oltre 40,8 milioni di euro in spese correnti per gli interessi passivi. La Regione? C'è cascata pure lei: nello stesso periodo, queste trappole finanziarie sono costate 26,5 milioni alla Regione Veneto, e 19 milioni a tre Province (3,2 a Rovigo, 14,7 a Treviso e 1,1 a Verona), generando una spesa totale di 86,4 milioni. Soldi pagati dai cittadini veneti che avrebbero certo visto migliore impiego. Una follia che non può continuare e che ora può essere fermata, grazie alla sentenza dello scorso 12 maggio con cui la Cassazione a sezioni unite ha dichiarato nullo il contratto sui derivati venduti da una banca al Comune di Cattolica, perché, tra le altre cose, quest'ultimo si era impegnato a spendere una cifra non definita».
Lo afferma Alvise Maniero, deputato M5S e membro della Commissione d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario, commentando i dati ottenuti dal Ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) sui costi dei contratti derivati per gli enti locali del Veneto nel triennio 2017-19. «Il problema - osserva Maniero - riguarda sia grandi città come Venezia e Verona che piccoli paesi come Cimadolmo (Treviso) e Torrebelvicino (Vicenza). I flussi periodici netti in uscita dei Comuni hanno visto bruciare 11,9 milioni nel 2017, poi 14,5 milioni nel 2018 e altri 14,2 milioni nel 2019, per un totale di oltre 40,8 milioni in tre anni. Per quanto riguarda la Regione Veneto, il costo dei derivati oscilla tra i 9,5 milioni del 2017 e gli 8,2 del 2019; le Province di Rovigo, Treviso e Verona invece hanno speso mediamente un milione, 4,9 milioni e 378 mila euro all'anno. E poi ci sono le spese di chiusura anticipata - conclude Maniero - nel senso che qualcuno ha preferito chiamare la banca e pagare per estinguere il contratto: così hanno fatto il Comune di Santa Lucia di Piave nel 2017 e quello di Venezia nel 2018, il primo per 72 mila euro e il secondo per 1,3 milioni, per un totale di quasi 1,4 milioni da aggiungere al conto degli interessi passivi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Lo afferma Alvise Maniero, deputato M5S e membro della Commissione d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario, commentando i dati ottenuti dal Ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) sui costi dei contratti derivati per gli enti locali del Veneto nel triennio 2017-19. «Il problema - osserva Maniero - riguarda sia grandi città come Venezia e Verona che piccoli paesi come Cimadolmo (Treviso) e Torrebelvicino (Vicenza). I flussi periodici netti in uscita dei Comuni hanno visto bruciare 11,9 milioni nel 2017, poi 14,5 milioni nel 2018 e altri 14,2 milioni nel 2019, per un totale di oltre 40,8 milioni in tre anni. Per quanto riguarda la Regione Veneto, il costo dei derivati oscilla tra i 9,5 milioni del 2017 e gli 8,2 del 2019; le Province di Rovigo, Treviso e Verona invece hanno speso mediamente un milione, 4,9 milioni e 378 mila euro all'anno. E poi ci sono le spese di chiusura anticipata - conclude Maniero - nel senso che qualcuno ha preferito chiamare la banca e pagare per estinguere il contratto: così hanno fatto il Comune di Santa Lucia di Piave nel 2017 e quello di Venezia nel 2018, il primo per 72 mila euro e il secondo per 1,3 milioni, per un totale di quasi 1,4 milioni da aggiungere al conto degli interessi passivi».