"Terra dei fuochi" veneta, schifezze sotto le strade, lungo i fiumi, in laguna

Venerdì 23 Novembre 2018 di Raffaella Ianuale
Nuova Esa a Marcon, l'area che era sotto sequestro
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VENEZIA - Una Terra dei fuochi in salsa veneta. La regione delle grandi fabbriche a Marghera e delle piccole-medie imprese ovunque, scopre discariche ad ogni angolo. Sotto le strisce di asfalto, ingabbiate nelle colline dei parchi, in gronda lagunare, nei fiumi, fino ad inquinare gli acquedotti e a intossicare le persone. Vedi il caso Pfas, con la contaminazione dell'acqua potabile di 350mila veneti. Ogni volta che si scava escono schifezze. Ora è la volta di Noale nel Veneziano e di Paese nel Trevigiano con 280mila tonnellate di materiale inquinante stoccato, ma è una storia già vista che si ripete a ritroso fino agli anni Settanta.

LE INDAGINI È dello scorso settembre l'inchiesta Bloody money che ha individuato un filo che lega affari, politica, rifiuti e tangenti. FanPage servendosi dell'ex camorrista Nunzio Perrella ha aperto uno squarcio sulla permeabilità del Veneto alle infiltrazioni mafiose nel settore dello smaltimento dei rifiuti. Il tutto partito da Sacca San Mattia, nell'isola di Murano, dove sono stati trovati rifiuti pericolosi. Del resto che la laguna soffra è cosa risaputa. Non a caso lo scorso luglio la Regione Veneto ha stanziato 22 milioni (che diventano 49 milioni in due anni) per il risanamento idraulico e il miglioramento ambientale del territorio veneziano. Finanziata invece in più tranche, e non ancora conclusa, è la grande muraglia che circonda i 2mila ettari di Porto Marghera impedendo ai veleni seppelliti dalle fabbriche chimiche di finire in laguna. Entrando nella terraferma veneziana c'è il caso della Nuova Esa con quasi 6mila tonnellate di rifiuti pericolosi stoccate illegalmente tra Marcon e Mogliano. A Mestre c'è il Villaggio San Marco, popoloso quartiere costruito sopra le discariche abusive di Marghera, poco distante il gigantesco parco di San Giuliano, con un'ampia collina, spacciata per zona belvedere fronte laguna - cosa che in effetti è diventata - ma nata come gabbia contenitiva per i reflui nocivi scaricati dalle industrie.

LE SCOPERTE E se la laguna veneziana soffre, non stanno meglio le rive del Po. La Direzione distrettuale antimafia la scorsa primavera si è concentrata su due società di Rovigo che avrebbero gestito abusivamente ingentissime quantità di rifiuti speciali - fanghi civili e agroindustriali - che non sono stati sottoposti alle procedure di recupero per la formazione di fertilizzante e sono stati scaricati in aree agricole di Adria, Villadose e Pettorazza. Pochi mesi prima, siamo a febbraio, lo schifo è emerso a Montecchio Maggiore, nel Vicentino, nei cantieri della Pedemontana. In pratica scavano per fare una strada e spuntano cumuli di rifiuti, sepolti chissà da quanto tempo. Non va meglio nel Veronese: nel 2015 qui sono state trovare 5000 tonnellate di rifiuti pericolosi, 2000 tonnellate di metalli e addirittura resti di salme. A gestire tutto, per un giro d'affari milionario, una ditta guidata da calabresi con sede a Verona. E in quell'occasione a Verona si è tornato a parlare di infiltrazioni dell'ndrangheta, mentre risultò contaminata un'enorme oasi naturale e terreni in un quadrilatero tra Ronco all'Adige, Sona Arcole, Povegliano, Villafranca, Castelnuovo del Garda, Vigasio, Sommacampagna. Qualche anno prima nel 2009 aree di stoccaggio di rifiuti altamente tossici - lastre di amianto, plastiche, batterie, pneumatici, oli esausti, elettrodomestici - emersero a Treviso, nel territorio compreso tra Oderzo, Motta di Livenza e Conegliano. Mentre quando nel 2008 fecero il telerilevamento dal satellite scoprirono 12 siti inquinati da idrocarburi: 9 a Padova, 2 a Venezia e 1 a Rovigo. Ma se si fa un salto indietro al 2003 nella mappa stilata dalla Regione Veneto le discariche contaminate erano 11 a Treviso, 21 a Venezia, 73 a Verona, 45 a Padova e 12 a Rovigo.

 

Ultimo aggiornamento: 09:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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