Boom delle start up, gli industriali:
«Un fenomeno non passeggero»

Martedì 3 Febbraio 2015 di Paolo Francesconi
Boom delle start up, gli industriali: «Un fenomeno non passeggero»
VENEZIA - La carica delle start up. In un solo anno, in Italia, quelle innovative sono più che raddoppiate (dati Camera di Commercio di Milano) passando da 1.172 a 2.583 (+220%), con un vero boom in Lombardia, Emilia e Lazio, meno accentuato in Veneto. A questi numeri va aggiunta la diffusione di nuovi soggetti - come la cinquantina di piattaforme di crowdfunding - e di incubatori variamente configurati. Le start up, insomma, sono cresciute tanto, poi stringi stringi ci vorrà tempo per capire con quali risultati.



Anche se, per la verità, guardando gli investimenti le cose cambiano. «Secondo gli ultimi dati, nel primo semestre 2014, le operazioni sono state 54 per un impiego di 17 milioni contro le 65 operazioni per 28 milioni del 2013» spiegano all’Aifi, l’associazione italiana del private equity e del venture capital. Gli industriali veneti guardano con molta attenzione al fenomeno: «L’errore è pensare che le start up siano una realtà che riguarda solo il mondo digitale - dice Roberto Zuccato, presidente di Confindustria regionale - Nel nuovo manifatturiero possono diventare la linfa di tutte le eccellenze, dal fashion al cibo alle attrezzature. Anche in Veneto sono emersi giovani con idee e capacità fantastiche. Le start up non sono un bluff o una moda, per quanto oggi sia difficile valutare il loro apporto in termini di aziende innovative in grado di stare sul mercato. Dalla buona idea alla sua trasformazione in prodotto ce ne passa. Ma sono convinto che hanno le potenzialità per rinvigorire tutto il manifatturiero - aggiunge Zuccato - purchè si entri nell’ottica di industrializzare la ricerca e di far circolare l’innovazione, senza paure. Le start up sono anche nuove idee, non per forza nuove aziende, capaci di contaminare e rivitalizzare le imprese mature». Il problema sono, come sempre, i finanziamenti. «La vera svolta sarebbe quella di avvicinare i venture capitalist, come nella Silicon Valley, soggetti capaci di pensare oltre l’ottica del breve termine - sostien Zuccato - Per un Paese come l’Italia dove i finanziamenti arrivano per il 70% dalle banche contro il 35% della Francia e il 50% della Germania, sarebbe la rivoluzione». Anna Gervasoni, direttore Aifi, è ottimista: «Con gli ultimi due governi sono stati fatti passi avanti importanti, è stato creato un clima favorevole agli investimenti. Nonostante la crisi, il 2014 chiuderà più o meno sui livelli del 2013. Per questo aumenta il numero delle start up e migliora la loro strutturazione. C’è grandissima attenzione, stanno diventando un nuovo strumento di politica economica per rilanciare alcuni settori dell’industria e dei servizi del nostro Paese. Dobbiamo fare ancora un altro salto, coinvolgere i grandi fondi italiani - osserva Gervasoni - Non parliamo di miliardi, basterebbe che il governo mettesse sul piatto 200-300 milioni per avviare un volano che attrae capitali privati per far decollare il pianeta start up e stimolare perfino la crescita del Pil».
Ultimo aggiornamento: 4 Febbraio, 07:20

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