Settemila soldati nelle città contro droga, criminalità e terrorismo

Sabato 3 Agosto 2019 di Raffaella Ianuale
Generale Amedeo Sperotto
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VENEZIA - In undici anni i contingenti sono più che raddoppiati. Si è passati dai 3mila uomini del 2008 ai 7.100 di ora. Numeri importanti che riguardano il progetto Strade sicure, istituito con la legge 125 del 24 luglio del 2008 e diventato operativo il 4 agosto dello stesso anno. Domani quindi è l'anniversario dell'impiego dei soldati dell'esercito italiano a tutela di 54 città. Sono quei gruppi di militari, in mimetica e armati, che presidiano strade, parchi e tutelano i luoghi sensibili. La loro presenza è diventata una rassicurante routine per i residenti. «È la più longeva operazione di garanzia e salvaguardia» spiega il generale di corpo d'armata Amedeo Sperotto che dal Comando Forze Operative Nord di Padova è responsabile di un vasto territorio che comprende Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche.
 
Generale, come intervengono i soldati?
«Bloccano spacciatori, intercettano droga, prevengono la microcriminalità. Se poi succede la calamità, come il disastro causato dal maltempo nel Bellunese, hanno tempi d'intervento immediati e supporto di mezzi operativi».
Nelle città cosa fanno?
«Pattugliano le piazze e le stazioni ferroviarie e con le camionette tutelano da minacce terroristiche obiettivi sensibili. A Vicenza, ma anche nel parco Albanese di Mestre, hanno recuperato grandi quantitativi di stupefacenti. Oltre ad essere di supporto alla cittadinanza».
In caso di grandi calamità?
«Nei soli ultimi due anni i soldati di Strade sicure sono intervenuti al terremoto di Ischia del 21 agosto del 2017, al crollo del ponte Morandi di Genova di cui il 14 agosto ricorre il primo anniversario, alla devastazione del Bellunese del 27 ottobre del 2018, fino al sisma nel Catanese del 26 dicembre scorso».
Come vengono preparati?
«I nostri soldati ricevono un apposito addestramento teorico-pratico prima di intraprendere questo servizio, imparano a fare interventi di primo soccorso e mosse di difesa per poter immobilizzare le persone senza l'utilizzo di armi. Ricevono la qualifica di agenti di pubblica sicurezza e vengono impiegati da soli o in appoggio a carabinieri e poliziotti».
Come hanno operato dopo la devastazione di Vaia?
«In questo caso siamo intervenuti su due livelli, avevamo i soldati del progetto Strade sicure che presidiavano i centri abitati per contrastare lo sciacallaggio e le strade non percorribili. Il Comando di Padova gestisce però anche interventi di forze armate, abbiamo quindi inviato macchine operatrici, idrovore, elicotteri e personale formato all'abbattimento degli alberi».
Ci racconta qualche intervento particolare?
«Un esempio, tra i molti, l'assistenza ad una signora che si è sentita male appena scesa dal treno nella stazione di Padova. Malgrado fosse in difficoltà nessuno la soccorreva, eccetto il soldato che le è stato vicino fino all'arrivo dei famigliari. Un gesto che gli è valso un riconoscimento da parte dell'amministrazione comunale di Agna dove la donna risiede. C'è anche il caso del turista australiano colpito da infarto a Venezia, il soldato gli ha praticato il massaggio cardiaco fino all'arrivo del personale del 118, di fatto salvandogli la vita».
Progetti per il futuro?
«Stiamo lavorando per rendere ancora più dinamico il servizio dei nostri soldati grazie all'utilizzo di tecnologie evolute come i radar di sorveglianza e i droni».
Come siete organizzati?
«Il paese è stato suddiviso in tre aree sotto la responsabilità di altrettanti Alti Comandi dell'esercito. In quello di Padova sono attualmente impiegati 1043 militari ed è suddiviso in quattro settori che sono i raggruppamenti di Emilia Romagna, Toscana, Umbria-Marche e Veneto-Friuli Venezia Giulia. Solo quest'ultimo, in sette mesi, ha effettuato 17.000 pattuglie, fermato 61.000 autoveicoli e controllato 32.260 persone».
Raffaella Ianuale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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