Sci, rabbia gestori: «Impianti chiusi? Ci disprezzano». Zaia: «Danni enormi»

Domenica 14 Febbraio 2021
Sci, rabbia gestori: «Impianti chiusi? Ci disprezzano». Roda (Fisi): solo lo sci infetta?

Sci, con la chiusura degli impianti fino al 5 marzo decisa dal ministro della Salute Roberto Speranza, cresce la rabbia dei gestori: «Impianti chiusi? Ci disprezzano». «Non c'è rispetto per il nostro lavoro ma totale disprezzo per la nostra situazione, siamo nauseati».

È forte la rabbia dei gestori degli hotel montani del Veneto, del Friuli VG e della Lombardia: pronti ad aprire domani, 15 febbraio, ora che è arrivato un nuovo stop da parte del ministro Speranza, in molti fanno fatica a contenere il disappunto.

Luca Zaia

«Prendiamo atto della ordinanza del ministro Speranza.

Pur considerando che la salute dei cittadini viene prima di tutto, è innegabile che questo provvedimento in zona Cesarini mette in crisi tutti gli impiantisti. In Veneto, in particolare, io avevo firmato un’ordinanza che decretava il via dal 17, mercoledì. Per cui tutti gli operatori avevano già predisposto ogni cosa: erano state preparate le piste, i rifugi erano già pronti ad accogliere. E avevamo previsto di aprire al 30%, rispettosi delle regole di salute pubblica. Certamente il provvedimento mette in difficoltà tutti coloro che si erano adoperati per una stagione che non è mai iniziata e che ora devono addirittura sobbarcarsi i costi di un riavvio che ormai non ci sarà fino al 5 marzo. Il danno è quindi ancora più pesante. Bisogna pertanto provvedere a ristorare ampiamente una economia fondamentale per le nostre zone montane, una economia che è fatta anche di stagionali e di persone che lavorano nel mondo ampio del settore dell’ospitalità. Parliamo di un settore praticamente massacrato: su 65 mila posti di lavoro persi, ben 35 mila sono del settore turistico. E il turismo è la prima industria del Veneto con 18 miliardi di fatturato. Prendo dunque atto - ripeto - di un provvedimento che arriva molto, troppo tardi, superando ampiamente anche i tempi supplementari.

Bisogna dunque provvedere immediatamente ai ristori, ma anche indennizzi per il danno ricevuto. Siamo infatti tutti convinti che la salute sia un bene assolutamente primario: ma non possiamo continuare ad assistere a questo balletto di dichiarazioni, col Cts che prima dice che possono essere aperte le piste da sci e poi una dichiarazione mediana che esprime preoccupazione fino al niet finale. Così è impossibile programmare alcunché».

Coldiretti

Il divieto alla riapertura degli impianti sciistici delude 3 milioni e mezzo di italiani che ritengono prioritario far ripartire la stagione sulla neve, anche solo per le poche settimane rimanenti prima dell'arrivo della primavera. È quanto emerge da un'indagine Coldiretti-Ixè diffusa in riferimento al rinvio. Si tratta, sottolinea Coldiretti, di una decisione che arriva per l'avanzare dei contagi che ha costretto all'entrata in zona arancione insieme ad Abruzzo (con Chieti e Pescara zone rosse), di Liguria, Toscana e la provincia di Trento mentre quella di Bolzano è autonomamente in lockdown. Una decisione destinata, rileva Coldiretti, ad «avere effetti non solo sulle piste ma anche sull'intero indotto delle vacanze in montagna, dall'alloggio alla ristorazione, dagli agriturismi ai rifugi fino alle malghe, che dallo stop al turismo sulla neve hanno subito un calo di fatturato fino al 90%».

Proprio dal turismo invernale, afferma l'organizzazione, «dipende buona parte della sopravvivenza delle strutture agricole che con le attività di allevamento e coltivazione svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio contro il dissesto idrogeologico, l'abbandono e lo spopolamento. Con le presenze praticamente azzerate nel momento più importante della stagione, si guardava con speranza all'ultimo scorcio seppur con il pesante limite allo spostamento tra regioni ma le aspettative sono andate all'ultimo momento deluse». L'economia che ruota intorno al turismo invernale, conclude Coldiretti, ha un valore stimato prima dell'emergenza Covid tra i 10 e i 12 miliardi di euro all'anno tra diretto, indotto e filiera.

Lombardia

«Continuano a rimandare l'apertura, vorrei capire cosa è cambiato oggi rispetto a una settimana fa - dice all'Adnkronos Mariangela Bozzi dell'Hotel Bozzi di Aprica, tra la Val Camonica e la Valtellina - ci stanno disprezzando, sono vergognosi. Non hanno rispetto del lavoro altrui. Io ho fatto venire due ragazzi dalla Romania, gli ho garantito un mese, e ora?». Anche gli impianti, fa notare Bozzi, «stanno spendendo un sacco di soldi per le piste e questi hanno il coraggio di chiudere tutto il giorno prima. Hanno venduto gli skipass, noi abbiamo le prenotazioni per il weekend. Non è giusto che ci disprezzino così, disprezzano la nostra categoria. È più che vergognoso, hanno mostrato disprezzo per la situazione di questo settore in Italia». Per Bozzi, «le condizioni per riaprire gli impianti ci sono». E poi fa notare: «L'estate scorsa hanno fatto riaprire le discoteche, di che parliamo?».

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Roda (Fisi): «Solo lo sci infetta? Necessari più serietà e correttezza»

«Ci vogliono più serietà e più correttezza. Ancora una volta la tempistica dell'informazione sembra non aver rispetto per gli italiani che lavorano. La scorsa settimana il Cts ha dato l'ok alla riapertura delle stazioni, adesso ci troviamo alle 19.30 della sera prima della riapertura con questa ordinanza che chiude tutto». Lo dichiara il presidente della Federazione italiana degli sport invernali (Fisi), Flavio Roda, in merito alla decisione di posticipare almeno fino al 5 marzo la partenza della stagione dello sci. «Le stazioni hanno investito molto per preparare piste, assumere personale, per organizzarsi con gli albergatori. Sono stati investiti moltissimi soldi e ancora una volta il nostro mondo viene duramente penalizzato. Solo lo sci infetta?» conclude Roda.

I gestori: «Ci crolla il mondo addosso»

«Eravamo pronti a partire di nuovo e invece... così ci sentiamo presi in giro. Avevamo riaperto confidando nella ripartenza degli impianti da sci ma ora ci crolla di nuovo il mondo addosso, sarà un'altra mazzata a livello economico». A dirlo all'Adnkronos è Laura Kaldembachir dell'hotel Terme di Bormio, dopo lo stop alla riapertura degli impianti sciistici decisa stasera dal ministro della Salute, Roberto Speranza. «Sarebbe stato corretto saperlo prima, con qualche giorno di anticipo, visto che le persone hanno prenotato - sottolinea ancora Kaldembachir -. Ovviamente non ci fa piacere questa notizia. Certo non avremmo risollevato la stagione me almeno avremmo contenuto i danni».

«Stagione ormai saltata, subito ristori»

 

«Dopo il 3 dicembre, il 7 gennaio, il 18 gennaio e il 15 febbraio, adesso la proroga al 5 marzo. Ormai la stagione è saltata, ci sentiamo presi in giro di fronte a tutto quello che abbiamo speso per l'apertura di domani, in vista della quale abbiamo assunto altro personale. I ristori siano immediati, altrimenti il comparto va in fallimento. Siamo il settore più penalizzato: da 12 mesi senza un euro di incasso ma con spese e stipendi da pagare. La cassa integrazione è arrivata a dicembre, da luglio lavoravamo per preparare l'inverno». È quanto afferma all'ANSA l'Anef, l'Associazione Nazionale Esercenti Funiviari.

«Rinvio apertura sci è una beffa»

 

«Il rinvio dell'apertura degli impianti da sci per la Valle d'Aosta è una beffa visti i dati sanitari attuali». Lo dichiara l'assessore regionale agli impianti di risalita, Luigi Bertschy, commentando il provvedimento del Ministro Speranza che fa slittare almeno al 5 marzo l'avvio della stagione dello sci. «Il mondo della montagna - aggiunge - si aspettava un altro inizio da parte di questo nuovo governo. È gravissimo, ancora una volta, l'utilizzo della decisione e dell'annuncio all'ultimo momento che mette in serie difficoltà le imprese e i lavoratori. Chiederemo come Regioni un impegno immediato a sostegno delle aziende ormai sfinite e dei lavoratori ancora senza reddito».

 
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Ultimo aggiornamento: 21:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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