Donadio, tra clan ed edilizia: protagonista del boom del litorale

Mercoledì 20 Febbraio 2019 di Maurizio Dianese
Donadio, tra clan ed edilizia: protagonista del boom del litorale
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 Il clan Donadio papà, moglie e due figli a Eraclea è una istituzione. E non solo perché Luciano, 52 anni, originario di Giugliano (Na) dal '90 ha messo in piedi un piccolo impero economico, ma anche perché è entrato a far parte integrante della vita cittadina, arrivando a sponsorizzare la squadra del Ponte Crepaldo-Eraclea. Del resto il clan dei casalesi di Luciano Donadio è saldamente in Veneto Orientale dai primi anni 90 quando si iniziò a costruire ad Eraclea il villaggio dei Lecci. Dopo arriverà il villaggio dei Tigli e Donadio è sempre lì, con i suoi piastrellisti e i suoi muratori, tant'è che con orgoglio in una intervista al Gazzettino di alcuni anni fa dichiarerà di aver partecipato con la sua impresa all'edificazione di Eraclea mare. Ed è vero. Peraltro le imprese di Luciano Donadio hanno partecipato anche alla ristrutturazione della caserma Albanese che ospita la Questura di Venezia, segno evidente della sua capacità imprenditoriale. In tutti i settori. E, se non fosse stato per la caparbietà ai limiti della testardaggine di un poliziotto della Squadra Mobile di Venezia, Giuseppe Palma, Luciano Donadio avrebbe continuato a fare i suoi affari leciti e illeciti - e a partecipare alla vita pubblica di Eraclea contribuendo pure ad eleggere un paio di sindaci, senza correre nessun rischio.
IL BUSINESS
Nessuno si era fatto persuaso, dieci anni fa, della sua potenzialità criminale e lui, del resto, aveva indossato l'abito del padre di famiglia e dell'uomo di affari ingiustamente calunniato per i suoi trascorsi. Ma di fatto lui e Raffaele Buonanno continuavano a gestire il business del clan dei casalesi, mentre Giuseppe Palma collezionava dati su dati, informative su informative, confidenze su confidenze. Un lavoro che ha permesso poi alla Guardia di finanzia di continuare e completare l'inchiesta che ha portato agli arresti di ieri e allo scoperchiamento della pentola delle infiltrazioni mafiose nel Veneto, delle connivenze e delle collusioni.
La genialità di Donadio è stata proprio quella di agganciarsi fin da subito alla politica e alle forze dell'ordine. Così era riuscito per anni a farla franca, continuando a frequentare malavitosi come Mimmo Celardo, il camorrista di San Donà di Piave che per primo negli anni 80 aveva scoperto le enormi potenzialità del Veneto Orientale. Celardo aveva aperto la strada all'insediamento della camorra stilando un patto di ferro con Silvano Maritan, allora a capo del Veneto Orientale per conto di Felice Maniero. Poi era arrivato Luciano Donadio, il quale nel giro di una decina d'anni aveva messo in piedi un impero. Sono sette le società in cui figura ufficialmente e non è azzardato pensare che ce ne siano altrettante intestate a prestanome. Cinque ditte hanno sede a Casal di Principe anche se lavorano solo nella zona di Eraclea - e una nel padovano. Anche la società di suo figlio, la Principe srl che gestisce il punto scommesse Snai in piazza a Eraclea ha la sede a Casal di Principe, a testimoniare un legame con i casalesi che non si è mai interrotto. Del resto nella retata di ieri è finito non solo Luciano Donadio, ma anche i due figli, Adriano e Claudio, segno evidente che non si può più parlare di infiltrazioni mafiose, ma di vero e proprio radicamento delle mafie nel Veneto. Radicamento che è arrivato alla seconda generazione e che era fatto di elezioni truccate, ma anche di elargizioni alle squadra di calcio e alle feste patronali.
In realtà Luciano Donadio ormai nel Veneto Orientale era una vera potenza, anche economica, che andava da Eraclea a Jesolo passando per Caorle e san Donà. Contemporaneamente, con Raffaele Buonanno teneva contatti costanti con la Campania sicchè, grazie a Donadio, la casa madre di Casal di Principe considerava il Veneto Orientale come una succursale del clan.
Maurizio Dianese
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Ultimo aggiornamento: 14:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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