Migranti. Fedriga: «Barriere e radar termici per i controlli al confine Nordest»

Venerdì 27 Settembre 2019 di Maurizio Bait
Migranti. «Barriere e sensori termici per i controlli al confine Nordest»
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«La rotta balcanica dei migranti provocherà nuove emergenze con il prevedibile aumento dei flussi verso l'Italia sia per mare che per terra. Urgono più pattuglie miste di agenti italiani e sloveni, ma insisto anche per barriere lungo il confine per facilitare i controlli nei boschi del Carso e possibilmente l'impiego di radar a rilevamento termico, capaci di individuare gruppi di persone prima che entrino nel nostro territorio».

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Massimiliano Fedriga
, presidente leghista del Friuli Venezia Giulia, rilancia così la questione degli arrivi via terra dei richiedenti asilo e non esita a prendere carta e penna per chiedere a Roma di non trascurare la frontiera orientale. Presidente Fedriga, è un dato di fatto e non una considerazione di ordine politico: gli arrivi via terra nella Venezia Giulia sono pressoché equivalenti a quelli via mare nell'Italia del Sud: quasi seimila persone da gennaio. Tuttavia a livello nazionale se ne parla pochissimo.
 
«Infatti. Ma cominciamo dall'accordo di Malta, a prescindere dall'esito dei negoziati all'interno dell'Unione europea, l'intesa riapre i porti e distribuisce i richiedenti asilo soltanto se arrivino con navi militari o delle Ong, proprio mentre si intensifica il fenomeno dei barchini. Ma l'aspetto peggiore di quell'intesa è un altro».
Ovvero?
«Il governo giallo-verde aveva conseguito una contrazione del 90% degli arrivi via mare rispetto al 2017, ossia alla situazione di Governo precedente. Se adesso si instaura una rotazione degli approdi fra Italia, Spagna e Grecia, i numeri non potranno che aumentare: quest'anno noi abbiamo finora registrano circa 7mila arrivi, ma la Spagna 15mila e la Grecia ben 38mila».
Intanto il Carso si è trasformato in una vasta discarica di scarpe e stracci abbandonati lungo strade e sentieri dai migranti che puntano all'asilo in Italia. Cosa fa la Regione?
«Ho appena scritto al nuovo ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, chiedendo con vigore che il Governo eserciti pressioni sulla Croazia affinché rafforzi la vigilanza sul confine esterno dell'Unione europea lungo la rotta balcanica. E ho chiesto che le pattuglie miste sul nostro confine, la cui operatività in base agli accordi attuali scadrà lunedì prossimo, siano rinnovate e implementate anche in misura doppia».
Quegli indumenti abbandonati lungo sentierini boschivi anche scoscesi e scarsamente frequentati dimostrano però che le pattuglie non possono intercettare che una parte minima dei passaggi effettivi, che avvengono usualmente con i favori della notte.
«Ecco perché ho proposto e ora rivendico e riaffermo la necessità di posizionare delle barriere in grado di incanalare i gruppi di migranti su un novero ristretto di vie d'accesso al nostro territorio. Soltanto in questo modo sarà possibile facilitare il lavoro di pattugliamento e conseguire migliori risultati sul campo».
Nei mesi scorsi la proposta di una sorta di muro ha sollevato un vespaio di polemiche.
«Erano pretestuose: nessuno blocca i confini, si tratta lo ripeto di facilitare la sorveglianza».
Ci spieghi la proposta dei radar termici.
«Naturalmente stiamo parlando di novità tecnologiche che all'inizio sono state pensate, come spesso accade, per scopi militari, ma risultano impiegabili anche in altre condizioni come in questa: si tratta di strumenti in grado di rilevare la presenza di individui grazie al calore corporeo».
Dove e come?
«In territorio sloveno, ossia prima dell'ingresso in Italia. Ed è ovvio che per attuare un'operazione del genere occorra un'intesa con il Governo di Lubiana. Noi cominciamo con la proposta».
Ma come si fa a distinguere un profugo da un cinghiale o da un altro animale selvatico?
«Questi strumenti sono in grado di distinguere».
E se fossero cittadini sloveni?
«Beh, farei fatica a immaginare gruppi di 20-30 sloveni che vagano in piena notte nei boschi del Carso. Perché è di notte che i radar termici dovrebbero essere utilizzati».
Lei ha appena annunciato una nuova legge regionale per rafforzare i progetti di cooperazione internazionale con lo scopo dichiarato di favorire la permanenza dei potenziali migranti nei Paesi d'origine e ha invocato un rafforzamento dei rimpatri. Ma senza intese effettive con i Governi di quei Paesi si rimane al livello dei pii desideri.
«Ecco perché serve assolutamente un'azione più incisiva dell'Unione europea su questi Paesi. Prendiamo il Pakistan, da dove arriva una larga misura di migranti irregolari: è chiaro che non otterremo molto finché Islamabad seguiterà a non riconoscere i propri connazionali e di conseguenza a non riprenderseli».
Maurizio Bait 

Ultimo aggiornamento: 09:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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