Scontro Costa-Zaia. Il governatore pronto a spendere 14 milioni per il voto

Sabato 4 Febbraio 2017 di Alda Vanzan
Scontro Costa-Zaia. Il governatore pronto a spendere 14 milioni per il voto
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PADOVA - Autonomia del Veneto: punti di incontro tra Regione e Governo, al momento, non ce ne sono. Il governatore Luca Zaia vuole fare il referendum a tutti i costi, compreso quello di spendere 14 milioni se Roma non concederà l'election day, per chiedere ai veneti se vogliono maggiore autonomia. Il ministro per gli Affari regionali Enrico Costa ritiene invece la consultazione inutile («Scalda i cuori, ma non porta a casa niente»), preferendo avviare il confronto con il Veneto sulle materie da delegargli. Una «sfida», però, che Zaia non accetta perché il referendum, in base alla sentenza della Corte costituzionale, deve tenersi prima e al di fuori del negoziato con il governo. In una fase esteriore ed esterna, ha stabilito la Consulta.

È su questo tema che si è sviluppato il confronto tra Zaia e Costa tenutosi ieri pomeriggio a Padova, in un'aula magna del Bo gremita, presenti quasi tutti i consiglieri regionali, con un pubblico palesemente autonomista stando alle ovazioni riservate più al governatore che al ministro, ma anche al professor Mario Bertolissi quando, «da cittadino» ha auspicato l'election day per risparmiare soldi, «anche se - ha aggiunto - io credo che non si spenda mai abbastanza per la democrazia». Che il tema dell'autonomia sia «cruciale per il Paese e in particolare per la nostra regione» l'ha sottolineato anche il rettore Rosario Rizzuto, ricordando che quello padovano fu l'unico ateneo nel 1848 a ribellarsi alla dominazione austroungarica.

Poi la scena è stata dominata da Costa e Zaia, intervistati da Paolo Possamai. Il ministro ha messo subito in evidenza la «contraddizione» della Regione Veneto che «nel marzo 2016, un anno dopo la sentenza della Corte costituzionale, ci manda la richiesta di aprire il negoziato per avere maggiore autonomia seguendo il percorso dell'articolo 116, terzo comma della Costituzione. Noi a maggio rispondiamo, diamo la disponibilità, trasmettiamo i documenti a tutti i ministeri e a giugno individuiamo un percorso metodologico. E pochi giorni dopo cosa succede? Che Zaia ci chiede l'election day». Zaia ribatte: «La richiesta del confronto era sul quesito referendario, non sulle materie. La Corte ha detto chiaramente che il referendum deve essere anteriore ed esterno al negoziato. Il punto vero è che deve nascere una questione veneta a livello nazionale». Costa lancia la sfida: «Io ci terrei ad avviare un percorso intensivo con Zaia, a prescindere dal referendum: partiamo il 15 febbraio, ci diamo un mese e mezzo di tempo e vediamo su quali materie si può trovare un'intesa. Ci sono le condizioni per ottenere un risultato storico».

Zaia: «Noi rispettiamo la sentenza della Corte, quindi prima si fa il referendum». Costa: «Quindi non volete negoziare? Abbiamo perso tempo?». Zaia: «Se apro il negoziato non posso più fare il referendum e se lo faccio lo stesso la Corte dei conti mi aggredisce. I danni, a quel punto, li chiedo io al Governo».

Con una contrapposizione del genere, la situazione è di stallo. Non si tratta sulle materie, non si tratta sul quesito referendario (che rimane quello generico della legge del 2014 ammesso dalla Consulta nel 2015) e resta da vedere se Zaia indirà davvero la consultazione («Entro l'anno», ha detto ieri allungando la tempistica) anche senza election day. Su questo punto il ministro Costa non ha detto no: «Sull'election day andrà fatta una valutazione, non chiudo la porta». Quando al futuro negoziato sulle materie da delegare al Veneto, Zaia ha detto che chiederà tutte quelle previste dalla Costituzione. «Ma l'obiettivo - ha ribadito - è il modello Bolzano, motivo per cui presenteremo una proposta di riforma costituzionale per inserire il Veneto tra le Regioni a statuto speciale». I due si sono salutati sull'inutilità/utilità del referendum. Costa: «In termini concreti non porta nulla». Zaia: «Ci darà più forza nel successivo negoziato».

Scontro totale? «Ma no - commenta alla fine Bertolissi - Il ministro si è dimostrato un interlocutore disponibile, più di così non poteva sbilanciarsi. Anzi, credo che a Roma qualcuno si lamenterà». Curiosità: la legge del 2014 sul referendum sull'autonomia era stata proposta non dalla Lega, ma dal Ncd. Lo stesso partito del ministro Costa.
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