«Il reddito? In Veneto lo vogliamo da lavoro, non di cittadinanza»

Mercoledì 30 Gennaio 2019 di Angela Pederiva
Elena Donazzan
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Invece dei 780 euro al mese, meglio 764 milioni in un settennio. «Più che il Reddito di cittadinanza, a noi piace il reddito da lavoro», ha detto ieri l'assessore veneta Elena Donazzan, concludendo a Venezia la presentazione del Por-Fse (Programma operativo regionale del Fondo sociale europeo), ora che sta per chiudersi la pianificazione del periodo 2014-2020 e sta per aprirsi quella del 2021-2027. Due i principali obiettivi perseguiti dal Veneto e condivisi da categorie economiche e parti sociali presenti all'incontro: il sostegno alle persone fragili e lo sviluppo della competitività di impresa. Secondo la fotografia aggiornata al 31 dicembre 2018, rispetto al totale programmato risultano stanziati 556,7 milioni (il 73%), per un ammontare di 4.460 progetti selezionati e 183.834 destinatari coinvolti. Persone come Stefano, area manager commerciale che a 60 anni ha perso l'impiego di una vita ma non la voglia di rimettersi in gioco, tanto da aver imboccato un percorso di analisi della sue competenze, formazione in  project management e autocandidatura guidata alle aziende del settore alimentare mappate in modo mirato, fino a trovare nel Vicentino un posto analogo al precedente.

O come Giuseppe, altro over 50 disoccupato da oltre un anno, che attraverso l'assistenza alla ricollocazione ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato in un'impresa artigiana. Due storie, quelle raccontate dal dirigente regionale Santo Romano, rese possibili dall'Assegno per il lavoro, un titolo di spesa virtuale del valore di 5.200 euro con cui i disoccupati ultratrentenni possono ottenere servizi gratuiti per la ricerca di un'occupazione: finora ne sono stati attivati 11.301, tanto che sono stati stipulati 6.333 contratti. «La combinazione fra Assegno per il lavoro e Reddito di inclusione ha sottolineato l'assessore Donazzan sarebbe stata molto più efficace del Reddito di cittadinanza, che di per sé non sarebbe concettualmente sbagliato, ma che per come è stato pensato temo sarà irrealizzabile. Non ci occorrono i navigator, di cui non capiamo le competenze e l'utilità: ci servirebbe piuttosto un rafforzamento dei Centri per l'impiego. Ma da questo punto di vista dovremo dare battaglia anche a Bruxelles, dato che i primi orientamenti della programmazione futura indicano che la Commissione Europea intende privilegiare l'obiettivo dell'assistenza rispetto a quelli dello sviluppo e della competitività».

GLI ASSI
Il riferimento è alla bozza del nuovo regolamento comunitario, secondo cui il 25% delle risorse dovrebbe essere allocato per le questioni sociali e il 4% per la povertà assoluta.

Molto dipenderà dall'esito delle elezioni del prossimo 26 maggio. Di sicuro fino ad oggi la programmazione veneta ha privilegiato altri assi nella predisposizione dei 110 bandi pubblicati, da cui sono derivati 2.563 progetti per l'occupabilità, 632 per l'inclusione sociale, 1.176 per l'istruzione e la formazione, 76 per la capacità istituzionale, 13 per l'assistenza tecnica. Variegato il ventaglio delle iniziative promosse: dall'alternanza scuola-lavoro all'estero di cui hanno usufruito 4.000 ragazzi, all'ideazione della tuta che attraverso un'applicazione permette all'attore che la indossa di attivare automaticamente gli effetti luce e audio sulla scena. Nel corso del 2019 saranno liberati altri 110,75 milioni, nel frattempo scatteranno le verifiche sul raggiungimento degli obiettivi. «Al momento il Veneto ne ha già centrati alcuni ha riferito Lodovico Conzimu, referente della Commissione Europea e per questo è prevedibile che beneficerà di una dotazione-extra pari al 4% delle risorse stanziate».

Ultimo aggiornamento: 09:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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