Pierre Cardin: «Il mio progetto è passare i 100 anni e ricominciare»

Sabato 7 Settembre 2019 di Angela Pederiva
Pierre Cardin: «Il mio progetto è passare i 100 anni e ricominciare»
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Avere 97 anni, sentirli orgogliosamente tutti e infischiarsene pure bellamente. Con leggerezza e (auto)ironia: «Scusatemi per il ritardo, ma sono troppo giovane per camminare da solo, grazie per essere venuti», esclama nell'italiano delle sue radici venete ai 450 in sala Perla tutti in piedi per lui, che procede sorretto a piccoli passi verso l'ennesimo traguardo della sua storia leggendaria. Oui, je suis Pierre Cardin, vorrebbe dire a quanti pensano che il suo nome e il suo cognome ormai francesizzati «siano solo un marchio, mentre sono anche una persona, sono io», ma lascia che a farlo sia House of Cardin, il documentario dedicato alla sua vita e alla sua carriera, in anteprima mondiale al Lido per le Giornate degli autori.
Diretto dalla coppia formata da P. David Ebersole e Todd Hughes, che l'ha anche prodotto insieme a Cori Coppola, il docufilm prova in 97' di immagini d'epoca e testimonianze di oggi, interviste di repertorio e incursioni negli archivi, un po' di bianco e nero e molti colori accesi, montaggio veloce e musiche sferzanti, a rispondere alla domanda: chi è Pierre Cardin? «È chic», risponde Dionne Warwick.
«È strutturalmente moderno», sottolinea Philippe Starck. «È un imperatore», sospira Jean Paul Gaultier. «Come non ammirarlo?», chiede a sua volta Sharon Stone, ricordando le parole con cui lo stilista la omaggiò appena ventenne: «La tua bellezza è come una rosa bianca». Rosso, e plissettato, è invece il cappotto che Cardin indica come l'inizio della sua fortuna: «L'ho venduto 200.000 volte negli Stati Uniti». Anche se in principio fu una casetta in campagna, «al 38 di via Manzoni», ricorda l'inseparabile nipote Rodrigo Basilicati Cardin, direttore generale della maison. La memoria torna a Sant'Andrea di Barbarana di San Biagio di Callalta, in provincia di Treviso, dove l'allora Pietro è nato il 2 luglio 1922 ed è vissuto fino a due anni: «I vigneti coltivati dai miei genitori, il fico da cui mi facevano raccogliere i frutti». Poi l'avanzata del fascismo e lui, ultimo di nove fratelli, insieme alla famiglia salì su un treno che ad un certo punto entrò nel tunnel fra Italia e Francia: «Ricordo che urlai: Mamma sono cieco!. Ho pensato di aver perso la vista... invece era solo il buio. Eravamo poveri e semplici, ma questo mi ha permesso di trovare una via di onestà e coraggio nella vita. Durante l'occupazione i tedeschi mi fermarono con una valigia di cartone: ero pronto a entrare a Parigi in mezzo alla guerra, tanta era la voglia che avevo di lavorare nella moda».
LE ASOLE E GLI AMORI
Ci riuscì nel 1945. Prima da Jeanne Paquin, poi da Elsa Schiaparelli. Quindi da Christian Dior: «Quando decisi di mettermi in proprio, mi regalò 144 rose. Ero diventato il suo primo sarto». Non ha mai smesso di esserlo, sempre fra stoffe e forbici, ago e filo: «Ho imparato a fare le asole per poter dare ordini agli altri in maniera intelligente». E come dice di lui Naomi Campbell, «se sai cucire, puoi mangiare». Riflette a telecamere spente lo stilista: «Tutto quello che è Pierre Cardin è mio. Non ho partner, non ho fondi dietro di me, sono l'unico proprietario. Mi hanno fatto la guerra quando ho lanciato il prêt-à-porter e mi hanno criticato perché ho inventato il sistema delle licenze. Ma questo ha fatto sì che il marchio fosse immediatamente riconoscibile e, permettendomi di arricchirmi, mi ha anche consentito di essere libero». Nel lavoro, così come nel privato, su cui la pellicola indugia con delicatezza, ricordando i suoi due grandi amori: il collega André Oliver, «che ci ha lasciati con tanti rimpianti», e l'attrice Jeanne Moreau, «mancata troppo presto», che Cardin fece arrossire durante la cerimonia di ingresso nell'Académie des beaux-arts: «Ti ricordi quella notte all'hotel Danieli di Venezia? Fare l'amore con te è stata la ragione più meravigliosa di esistere...». Et voilà il coming out, senza imbarazzi: «Amo la virilità in un uomo e la femminilità in una donna, come amo l'acqua e il vino, non mi piace mischiare».
L'ETERNA GIOVINEZZA
Inevitabile chiedergli quale sia il segreto della sua eterna giovinezza: «Lavoro, lavoro, lavoro. Quando sono in vacanza mi annoio. Per questo il mio progetto è continuare a vivere: voglio passare i 100 e ricominciare daccapo». Ha fatto così anche con Palais Lumière, la torre di Marghera rimasta sulla carta: «Forse per gelosia, sicuramente per la politica. Ma in futuro, chissà. Intanto costruisco un centro culturale con cinema e teatro a nord di Parigi». Poi in serata la festa nella sua Ca' Bragadin a Venezia. «Non ho rimpianti: se non fossi felice, chi sarei? Ho avuto tutto quello che ho voluto, per questo dico grazie alla vita».
 
Ultimo aggiornamento: 9 Settembre, 12:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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