Nella terra degli scomparsi c'è anche un pezzo di Nordest. Poco meno di 3.500 persone che, fra il 1° gennaio 1974 e il 30 giugno 2018, sono sparite nel nulla e non sono mai più state rintracciate. Fantasmi inafferrabili per la legge e per la burocrazia, ma presenze reali nel cuore dei loro parenti e dei loro amici, costretti per anni e anni a macerarsi nel dubbio e nell'angoscia di non sapere se i loro cari sono vivi o morti. L'ultima relazione del commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, incarico attualmente ricoperto dal prefetto Mario Papa, è aggiornata al primo semestre del 2018 e registra i numeri contabilizzati a partire dalle prime statistiche di settore del 1974. Secondo questa ricognizione, su un totale di 55.949 denunce presentate in Italia, 1.576 riguardano il Veneto, 1.665 il Friuli Venezia Giulia e 248 il Trentino Alto Adige. Numeri che comprendono tutto, dunque anche i migranti che si sono allontanati dai centri di accoglienza magari per spostarsi oltre confine, ma che danno comunque le dimensioni di un fenomeno tutt'altro che di nicchia. A questi numeri vanno poi aggiunti quelli relativi al censimento dei cadaveri non identificati: 58 in Veneto, 12 in Friuli Venezia Giulia e 21 in Trentino Alto Adige, su un totale nazionale di 883. Questa è l'altra faccia della sofferenza dei familiari, spesso obbligate pure allo strazio di temere che i loro congiunti giacciano anonimamente in qualche obitorio.
L'ASSOCIAZIONEÈ anche contro problemi come questo che dal 2002 si batte Penelope, associazione che fin dal nome allude ad un'attesa infinita e logorante, presieduta a livello nazionale da Antonio Maria La Scala e in Veneto da Gilda Milani, mamma di Milena Bianchi, la 21enne di Bassano del Grappa che nel 1995 sparì in Tunisia durante un soggiorno di studio: il corpo della ragazza, rapita e uccisa, venne ritrovato solo sedici mesi dopo e la sua famiglia ha dovuto battersi per arrivare a conoscere almeno una parte della verità. Non di rado, infatti, dietro una scomparsa si cela un delitto. E non sempre la giustizia riesce a fare il proprio corso. Per questo ieri a Roma, in piazza Montecitorio, gli attivisti e i simpatizzanti di Penelope (arrivati anche dal Nordest) hanno promosso una manifestazione «per richiamare le istituzioni e l'opinione pubblica sul grave problema delle persone scomparse e sulle leggi che consentono l'impunità ad autori di crimini efferati», come ha sottolineato l'avvocato La Scala. Grazie all'impegno dell'associazione, in questi anni sono stati ottenuti importanti risultati: la nomina del commissario, l'approvazione della legge per cui le indagini devono scattare alla denuncia, l'istituzione della banca dati del Dna. «Trovare il corpo di un proprio congiunto è stato ricordato provoca un intenso dolore, ma consente di attivare il processo di elaborazione del lutto, quel processo che invece viene negato a chi non ha un corpo su cui piangere. Per questo i familiari delle persone che sembrano essere state inghiottite dalla notte avvertono la necessità di essere ascoltati e di ricevere aiuto».
© RIPRODUZIONE RISERVATA L'ASSOCIAZIONEÈ anche contro problemi come questo che dal 2002 si batte Penelope, associazione che fin dal nome allude ad un'attesa infinita e logorante, presieduta a livello nazionale da Antonio Maria La Scala e in Veneto da Gilda Milani, mamma di Milena Bianchi, la 21enne di Bassano del Grappa che nel 1995 sparì in Tunisia durante un soggiorno di studio: il corpo della ragazza, rapita e uccisa, venne ritrovato solo sedici mesi dopo e la sua famiglia ha dovuto battersi per arrivare a conoscere almeno una parte della verità. Non di rado, infatti, dietro una scomparsa si cela un delitto. E non sempre la giustizia riesce a fare il proprio corso. Per questo ieri a Roma, in piazza Montecitorio, gli attivisti e i simpatizzanti di Penelope (arrivati anche dal Nordest) hanno promosso una manifestazione «per richiamare le istituzioni e l'opinione pubblica sul grave problema delle persone scomparse e sulle leggi che consentono l'impunità ad autori di crimini efferati», come ha sottolineato l'avvocato La Scala. Grazie all'impegno dell'associazione, in questi anni sono stati ottenuti importanti risultati: la nomina del commissario, l'approvazione della legge per cui le indagini devono scattare alla denuncia, l'istituzione della banca dati del Dna. «Trovare il corpo di un proprio congiunto è stato ricordato provoca un intenso dolore, ma consente di attivare il processo di elaborazione del lutto, quel processo che invece viene negato a chi non ha un corpo su cui piangere. Per questo i familiari delle persone che sembrano essere state inghiottite dalla notte avvertono la necessità di essere ascoltati e di ricevere aiuto».