Transumanza, viaggio con i nuovi pastori tra paesaggi e storia. In Cadore è rinata la secolare tradizione

Sabato 7 Gennaio 2023 di Giannandrea Mencini
I nuovi pastori e le tradizioni

La transumanza nel 2019 è stata inserita dall'Unesco nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale, riconoscendone il valore dell'usanza sulla base di una candidatura presentata da Italia, Austria e Grecia. La Regione del Veneto, successivamente, ha legiferato in materia al fine di valorizzare e conservare i valori naturalistici, storici e culturali, dei sentieri regionali costituenti le Vie del Pascolo del Veneto.
L'Unesco prima e la Regione Veneto dopo, hanno quindi riconosciuto l'importanza culturale e ambientale di questa pratica secolare che ha modellato le relazioni fra le comunità montane, gli animali e i sistemi ambientali, originando diversi momenti di festa e di coinvolgimento sociale nel periodo estivo e autunnale. Questa testimonianza storica, che la comunità cadorina e, in particolare, il gruppo Vallesane del Cadore, riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale, si è concretizzata mesi fa tra Caralte, frazione di Perarolo, e Valle di Cadore.

Dai prati in località la Vara (termine dialettale per indicare un prato aperto privo di piante), in una bella giornata di sole, una lunga e allegra processione di persone, alcune vestite con suggestivi e variopinti abiti tradizionali, provenienti dalle vallate vicine ma anche dalla pianura e perfino dall'estero, ha accompagnato un gregge di capre di razza Vallesana dai pascoli estivi verso la stalla, il rifugio invernale, nella vecchia e caratteristica borgata Costa di Valle di Cadore.


Una transumanza, organizzata dal gruppo Vallesane del Cadore e dalla Pro Loco di Valle, che ha attraversato boschi e sentieri panoramici, con vista sulle conosciute cime del Pelmo e dell'Antelao, ricchi di segni storici e rurali. Ho accompagnato festosamente il gregge di capre lungo un vecchio sentiero che dai prati scende verso il Piave in direzione della località Sacco, prima tappa del percorso, e mi sono fatto spiegare da Alberto Rossi, che con Fabrizio Zampolli ha fondato il gruppo delle Vallesane del Cadore, il motivo di questo ritorno all'allevamento. «Quando ero bambino aiutavo i nonni che avevano alcune vacche, andavo a far fieno, si falciava l'erba, erano momenti importanti, aspetti fondamentali della nostra storia agricola che poi è andata dimenticata, perduta. Nel Cadore è arrivata l'industria manifatturiera, le occhialerie, e si sono perse le nostre tradizioni legate alla coltivazione della terra, all'agricoltura e all'allevamento». Così Alberto e Fabrizio con le loro famiglie e alcuni amici, ora sempre più numerosi, hanno formato questo gruppo, hanno preso due pecore che poi gradualmente sono cresciute nel numero, e riattivato una tradizione agreste insita una volta in questi territori. «Abbiamo valutato diverse razze di capre e ci siamo imbattuti nella razza Vallesana, della quale ci ha affascinato il particolare colore e il pelo lungo» mi ha sottolineato Alberto: «Una razza antica che ben si adattava al nostro territorio, al centro di un progetto di conservazione da parte di Prospecierara, un'importante Fondazione svizzera per la diversità socio-culturale e genetica dei vegetali e degli animali, e con loro è iniziata una fitta collaborazione e il nostro conseguente impegno in difesa di questa razza e più in generale della biodiversità».

Il percorso tra paesi con un solo abitante e luoghi bucolici

Nel frattempo il nostro percorso ci ha portato a scoprire diversi simboli storici di questi luoghi. Arrivati a Sacco, sito suggestivo sul Piave abitato oggi da una sola persona, Fabrizio mi ha raccontato che al posto del ponte sul Piave, appena attraversato con le capre, storicamente sorgeva un cidolo ossia un'antica opera idraulica, uno sbarramento artificiale costruito per consentire il passaggio dell'acqua ma bloccare la fluitazione dei tronchi, materia prima per la potenza marinara di Venezia. Nei pressi del cidolo, il legname veniva lavorato all'interno delle segherie per poi essere assemblato dagli esperti zattieri di Codissago e iniziare il lungo viaggio verso la laguna veneta.
Questa transumanza è diventata quindi un percorso storico-rurale, il riappropriarsi di un patrimonio culturale straordinario spesso dimenticato o addirittura ignorato. La seconda tappa del nostro cammino ci ha portato a conoscere l'antico borgo di Damos, non distante da Pieve di Cadore, rimasto per diverso tempo senza abitanti, mentre oggi rivive grazie alla famiglia Zangrando che da Mogliano Veneto si è trasferita in questo poetico luogo avviando proprio un'attività agricola e restaurando l'antica casa di famiglia distrutta da un incendio nell'agosto del 2015. Poco sopra al borgo, vicino alla bellissima chiesetta medioevale dei Santi Andrea e Giovanni, immersa nel verde del Pian delle Forche, abbiamo sostato con le capre che hanno iniziato a brucare i prati intorno. Alberto in quel frangente, osservando le sue bestie, mi ha trasmesso il suo amore verso gli animali: «Abbiamo potuto assistere a diversi parti, emozioni incredibili! Vedi la famiglia che cresce e capisci che gli animali ti insegnano tante cose perché sono essenziali nel loro modo di vivere e così ti rendi conto che sei circondato da tante cose superflue che alla fine ti impegnano per nulla! Gli animali sono una terapia per chi li segue e ci vive a contatto, loro ti danno sempre tanto e, al contrario dell'essere umano, l'animale ti è sempre riconoscente».
Per questi nuovi pastori il benessere dell'animale è fondamentale e pertanto le capre devono essere portate sempre al pascolo e in autunno rientrare in stalla attraverso la transumanza: «Abbiamo voluto riprendere le tradizioni dei nostri avi», mi ha sottolineato contenti Fabrizio e Alberto «condividendo con tutte queste persone, oltre un centinaio, questa antica pratica di attraversare la terra, lo stesso nome lo dice».

La strada regia

Poi abbiamo ripreso nuovamente il cammino in direzione di Valle, ultima tappa del nostro percorso, e questo nostro spensierato attraversare ci ha portato a solcare antiche vie che aggirano il Monte Zucco: la Strada Regia che collegava nel Medioevo la pianura veneta con il Tirolo prima della costruzione della Strada di Alemagna nel 1832, che si interseca con la più antica Via romana che saliva da Perarolo, ora in parte franata, dove in alcuni tratti è ancora riconoscibile l'originaria pavimentazione formata dai lastroni di pietra, profondamente incisi dall'abrasione secolare delle ruote dei carri. Infine, superato il vecchio ponte ligneo di Rualàn sospeso sopra un orrido precipizio e un enorme Olmo montano vecchio di duecento anni, siamo sbucati nei prati di Zo val sotto la Borgata Costa. Qui le capre hanno potuto pascolare per l'ultima volta prima di entrare nella stalla ottocentesca situata proprio di fronte alla grande fontana della borgata Costa, i cui signorili edifici si affacciano tutti sulla via Romana.
Questa tappa finale si è trasformata in una festa con musica folcloristica, brindisi e le immancabili castagne. «Abbiamo attraversato due Comuni e diverse proprietà» mi ha ricordato emozionato Claudio «terreni dove la gente ci ospita e ci offre ospitalità, ti accoglie, brinda con noi alla stagione che è andata bene. Nella ruralità è importante il messaggio che si condivide con gli altri. Un aspetto andato perso nella nostra società ma che rimane nel mondo agricolo. Oggi la gente cerca in montagna quello che non c'è più e questa bellissima giornata così intensamente partecipata, lo conferma».

 

Ultimo aggiornamento: 8 Gennaio, 11:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci