"Piron" e "finistrin", ma lo sapete quante parole greche si usano ancora nel dialetto veneto?

Giovedì 19 Gennaio 2023 di Pieralvise Zorzi
"Piron" e "finistrin", ma lo sapete quante parole greche si usano ancora nel dialetto veneto?

Mio padre Alvise aveva una grandissima passione per la Grecia, così ogni anno salutava i figli e scalpitando come un puledro (anche in età venerabile) saltava con la mamma su un caicco e via. Dato che non riusciva a non evangelizzare chiunque sulla venezianità, eccolo spiegare al marinaio che i termini marinareschi greci vengono tutti dal veneziano.
Come lo chiamate quello? Timoni! Dal veneziano timone.

E quella? Randa! In veneziano, randa. Ala, molla, tutto dal veneziano. Al che il marinaio, in cerca di una sponda campanilista, rivelava che c'è un termine marinaresco tutto greco e indica un oblò. Come si chiama quello? E mio padre: oblò!. Ah ah! - ride il marinaio - Ha un nome tutto greco: finistrìn». Ecco a voi la dimostrazione che sì, c'è stato un forte influsso del veneziano sul greco ma anche viceversa: uno scambio vero e proprio.


I LEMMI
Manlio Cortellazzo ne L'influsso linguistico greco a Venezia addirittura conta ben 278 grecismi attivi rintracciati nel dialetto di Venezia e li divide in 24 categorie. Dalle quali spuntano fuori ànese, anguria, baracòcolo, pestacio (indivia), vìssola (visciola) ma anche la pantegana, il lotregan (cefalo) e l'ostrega, lo squero e l'arsenal, il molo, l'amiragio e il calafao. Poi troviamo il barba, lo zio in greco e in veneziano, il piròn (la forchetta) e lo sculièr (diventato scugèr), e via di questo passo: non voglio elencarli tutti e 278 ma ce n'è veramente per tutti.
Su questo filone marcia anche il bizantinista Nicola Bergamo che riporta un nutrito elenco compilato dal veneziano (nonostante il nome anglico) Mike Tommasi. Più o meno le stesse parole citate dal Comitato per la Salvaguardia dei Patrimoni Linguistici, che però purtroppo si adegua alla recente esecrabile moda di chiamare veneto il veneziano.
Ora il problema è: è nato prima l'uovo o la gallina? L'influsso del greco sul veneziano, o quello inverso? In realtà sono nati insieme, solo che ci sono anche altre uova e altre galline, conferma Lorenzo Tomasin, che dirige il monumentale progetto del Vocabolario Storico Etimologico del Veneziano. Secondo Tomasin i punti importanti di irradiazione degli scambi linguistici sono soprattutto i porti, dove passano non solo veneziani: anche genovesi, francesi e catalani, che partecipano alla costruzione di una lingua comune che ha sì forte partecipazione del veneziano, a sua volta influito dal greco bizantino, ma anche molte parole che nascono dal provenzale e dal catalano, quest'ultimo a sua volta influito dal genovese.


MACEDONIA LINGUISTICA
Insomma è un movimento linguistico circolare, che permetteva a coloro che frequentavano il Mediterraneo di comunicare. Che il veneziano avesse maggiore influenza dal lato adriatico è comprensibile: secoli di frequentazione bizantina ci avevano portato non solo la forchetta, il piròn (da , infilzo) che usava la principessa Maria Argyropoulina moglie nel 1004 di Giovanni Orseolo, ma ben altro: secondo altri eminenti studiosi il veneziano influenza anche Ragusa e di conseguenza il bulgaro e la terminologia marinara croata (ankora, gumina, sartije, timun e molto altro). Stesso discorso per l'albanese, dove, oltre a provë e pupë per prua e poppa, troviamo il termine sandall, il nostro sàndolo, per indicare la scialuppa. Quando poi gli angioini vanno al trono ungherese si portano appresso bárka, gálya, gondola, medùza, osztriga, sirókko e i venezianismi aumentano con l'istituzione della K.K Kriegsmarine, dove nonostante la lingua di bordo fosse rigorosamente il tedesco arrivano pilota, pontòn, arzenal, bomba.


NEI BALCANI
Facendo un salto indietro, ricordiamo che il veneziano è stato per secoli lingua diplomatica: è famoso l'aneddoto del bàilo (altra parola importata) di fresca nomina che esita nel rivolgersi al Sultano. Il dragomanno (altra parola importata) allora gli si rivolge così: Parlè pure venessian, el Gran Signor ve intendarà. Del resto dalla Dalmazia alla Grecia il segno lo abbiamo lasciato e come: ci sono degli Zorzi (Tsorzis) a Cefalonia e a Mendenitsa (feudo Zorzi dal 300), Morosini e Contarini (pronunciati alla greca -gni) a Monemvassia. C'è un vescovo Foskolos e i Douloufakis, Dolfin, producono a Creta ottimo vino, seguendo una tradizione plurisecolare. Si, certo, direte voi imitando il marinaio di papà, ma allora la carèga? È nata prima lei della caregla, vero? Falso. È nata prima la cadrega, che altro non è che il seggio delle alte autorità ecclesiastiche e civili poi latinizzato in cathedra e volgarizzato nell'insubre cadrega, salvo poi tornare indietro nel greco moderno.
 

Ultimo aggiornamento: 09:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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