'Ndrangheta, con pestaggi e sequestri
ecco come si prendevano le aziende

Mercoledì 13 Marzo 2019 di Angela Pederiva
Gs Scaffalature di Galliera
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VENEZIA - In principio fu un pestaggio. L'inchiesta Camaleonte è il risultato di quasi sei anni di investigazioni, cominciate il 2 aprile 2013 con quella che poteva sembrare una banale richiesta di intervento ai carabinieri di San Martino di Lupari, per una lite in un'azienda della zona. Invece quel fatto permise di iniziare a scoperchiare il pentolone delle infiltrazioni ndranghetiste nell'economia veneta, svelando in particolare lo schema attuato dai calabresi e così riassunto dal gip Gilberto Stigliano Messuti: «Dopo avere avvicinato gli imprenditori in situazione di difficoltà economica, presentandosi con comportamento cordiale e con competenza professionale, mostrando altresì capacità economica, s'insinuavano gradualmente nella realtà economica societaria, ponendo sempre più in risalto la potenzialità intimidatoria».

DITTE E QUOTE Vittime dell'aggressione di quel giorno sono i trevigiani Mariagiovanna Santolini e Stefano Venturin (non indagati), all'epoca compagni nella vita e nel lavoro, in quanto rispettivamente presidente e direttore generale della Gs Scaffalature di Galliera Veneta. Entrata in crisi nel 2008 sotto la precedente gestione, a causa dei mancati pagamenti e delle restrizioni creditizie, la ditta improvvisamente si risolleva fino ad acquistare il 50% della Sae D. Group di Campagna Lupia, impresa storicamente appartenente ai fratelli padovani Luca (al 60%) e Michele (al 40%) De Zanetti. Com'è possibile? Fra la primavera e l'autunno del 2012, Luca cede il suo 50% alla Sygnal che fa capo proprio ai Santolini-Venturin e l'altro suo 10% alla calabrese-vicentina Noemi Andrea Bolognino, figlia di Sergio e nipote di Michele, considerati i vertici della cosca in Veneto.
In quelle due vendite gli inquirenti individuano altrettanti episodi di estorsione ai danni di Luca De Zanetti, perpetrati proprio dai Bolognino e dai loro sodali. Il primo avviene intorno al 13 marzo, quando De Zanetti viene minacciato («Guarda che se non vai dal notaio ti ci porto... o coricato o in piedi»), al punto da trasferire il 50% delle azioni della Sae D. Group alla Sygnal, che a sua volta nella misura del 40% passa a Sergio Bolognino, grazie ad una procura speciale a «vendere a chicchessia, anche a sé medesimo, e per il prezzo che riterrà più opportuno», ottenuta fra il 10 e l'11 ottobre dalla Santolini. Il secondo atto estorsivo si verifica tra il 9 e il 17 ottobre, quando Sergio Bolognino esige l'ulteriore 10% della Sae D. Group: secondo l'accusa, i fratelli De Zanetti vengono ripetutamente schiaffeggiati e minacciati di essere ridotti «in piccoli pezzi», al punto da finire per dichiararsi «a disposizione» dei Bolognino. In un incontro fra tutti i protagonisti, peraltro, Luca pensa che la pretesa di Sergio sia stata fomentata da Venturin e lo aggredisce. Ecco come i calabresi non solo si insinuano, ma mettono pure i veneti l'uno contro l'altro, in un gioco delle parti in cui le vittime diventano a propria volta carnefici.

PUGNI E SCHIAFFI I rapporti fra i soci Bolognino e Santolini-Venturin sono sempre più tesi. Per esempio i calabresi impongono ai trevigiani di cambiare il loro commercialista con uno compiacente, oppure li intimidiscono con la tecnica dello struscio: il 13 marzo 2013, durante quello che verrà qualificato come un sequestro di persona, il guardaspalle di Michele Bolognino si avvicina a Stefano Venturin facendogli «sentire che aveva qualcosa sotto la giacca», un oggetto con «la forma di una pistola». Arriviamo così al fatidico 2 aprile, il giorno in cui vengono chiamati i carabinieri nella sede della Gs Scaffalature, come riferirà poi a verbale lo stesso Venturin: «Sergio ha iniziato a prendermi a pugni in faccia. Hanno picchiato anche Mariagiovanna, le hanno dato delle sberle. Hanno iniziato a minacciarmi: Uccido te e stermino tutta la tua famiglia...».

ACCUSA E DIFESA La notizia della scazzottata finisce sui giornali. Il deputato dem Alessandro Naccarato, componente della commissione Antimafia, presenta un'interrogazione parlamentare insieme alle colleghe Giulia Narduolo e Margherita Miotto, ribadendo «gli allarmi più volte lanciati sulla infiltrazione di organizzazioni mafiose in provincia di Padova». Così il 12 aprile sono i Bolognino a convocare una conferenza stampa. Affiancato dal fratello Michele e dalla figlia Noemi, Sergio si difende dalle accuse: «Il fatto che siamo originari della Calabria non vuol dire che siamo legati alla ndrangheta, questa è una discriminazione». Poi i calabresi si sfilano dall'operazione e a maggio Luca De Zanetti, con il plauso dei sindacati, annuncia di aver rilevato il 60% della Gs Scaffalature e di voler rilanciare la Sae D. Group.

    

Ultimo aggiornamento: 14 Marzo, 09:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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