VENEZIA - Tre giorni di stipendio per le presunte intimidazioni alla rivale in amore. È la sanzione comminata a una poliziotta, che aveva ammesso di aver mandato i due messaggi incriminati alla ex del suo fidanzato (e collega), spiegando tuttavia che si era trattato di «un momento di sfogo, di rammarico e sofferenza sentimentale per l'ennesima molesta intromissione posta in essere» dall'altra. Una giustificazione che però non è bastata ad annullare il provvedimento disciplinare davanti al Tar del Veneto.
L'ESPOSTO
Tutto era partito da uno scambio via WhatsApp fra i due ex.
IL RICORSO
A quel punto è scattato il ricorso al Tribunale amministrativo regionale per chiedere l'annullamento del provvedimento, emanato «senza svolgere alcuna verifica in ordine alla veridicità delle affermazioni» e senza sentire l'autrice, determinata a chiarire che «i messaggi erano diretti non a minacciare» l'altra donna, «bensì ad arginare il suo comportamento molesto che perdurava da due anni». Secondo la nuova fidanzata, quell'intrusione su WhatsApp sarebbe stata «un episodio isolato a fronte di un comportamento aggressivo e minatorio», nonché «minaccioso e persecutorio». Oltretutto nel corso del procedimento è stato depositato il decreto di citazione a giudizio per diffamazione a carico della ex, che secondo la Procura con quell'esposto «offendeva la reputazione» della poliziotta.
LE MOTIVAZIONI
Ma per il Tar, «le espressioni e sparisci per sempre e farai una brutta fine paiono effettivamente avere un contenuto intimidatorio e di minaccia». Inoltre i giudici hanno ritenuto corrette le motivazioni citate a sostegno della sanzione: «Il contesto in cui si è svolta la condotta dell'incolpata, mai giustificabile, risulta nemmeno comprensibile alla luce dell'intromissione in una conversazione in corso tra altre persone e nella quale non le apparteneva il ruolo di interlocutrice, tantomeno attraverso l'uso di minacce, palesemente incompatibili con la dignità delle proprie funzioni». Se quelle frasi non fossero state «ricondotte alla vera responsabile, avrebbero potuto esporre il proprietario dell'apparecchio telefonico» a guai giudiziari.