Medicina, stop ai test di ingresso: rivoluzione in arrivo /Cosa cambia

Domenica 24 Novembre 2019 di Lorena Loiacono
Medicina, stop ai test di ingresso: rivoluzione in arrivo
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Stop al test di ingresso per medicina: ora per i camici bianchi cambia tutto. È in arrivo infatti una rivoluzione che parte dalla scuola superiore e arriva alle specializzazioni: dovrà essere l’antidoto ai ricorsi e alle proteste contro il numero chiuso. Il testo della riforma, allo studio della Commissione cultura e istruzione alla Camera, mira infatti a risolvere l’annoso problema dei test per l’accesso a numero programmato di medicina che, ogni anno, richiama i desideri di quasi 70mila studenti aspiranti medici per poi accontentarne 10mila o poco più, in base alle disponibilità messe in campo anno per anno dai ministeri dell’istruzione e della sanità. A questi, però, si aggiungono tutti i ricorrenti a cui i tribunali danno ragione di volta in volta. E non sono pochi visto che negli ultimi 5 anni sono stati circa 20mila i ragazzi entrati tramite ricorsi e quindi non previsti nei fondi di finanziamento degli atenei. Ma la spesa comunque c’è stata: l’ingresso dei 20mila in più è costato infatti mezzo miliardo di euro per formarli, 30mila euro ciascuno, a cui si aggiungono circa 3 miliardi per garantire la specializzazione a tutti, circa 125mila euro a studente. 
 
LE SENTENZE
Quest’anno il problema si sta facendo ancora più serio perché il Consiglio di Stato sta ammettendo ai corsi i ricorrenti del 2018 e del 2017. Un sistema che, quindi, viene scardinato a colpi di sentenze e ordinanze dei giudici e sta mandando in tilt le facoltà che vedono arrivare nuovi studenti a corsi già iniziati. La questione è al vaglio della VII Commissione e prevede diversi step. Primo fra tutti l’orientamento: va potenziato già a partire dal terzo anno delle superiori. I ragazzi, infatti, potranno usufruire di corsi online con tanto di prova di autovalutazione per avere la piena consapevolezza delle loro capacità. 

«I corsi online saranno pubblici e gratuiti – spiega Manuel Tuzi, deputato 5 Stelle e relatore della riforma in Commissione – e andranno a contrastare quella spesa incredibile a carico delle famiglie che arriva anche a 5mila euro tra corsi privati a pagamento e libri di testo solo per prepararsi al test. Si tratta di una speculazione inaccettabile. Dopo un corso di 100 ore e l’ottenimento dell’attestato di partecipazione attraverso dei moduli di autovalutazione, lo studente accede al primo anno di medicina: un anno di lezioni teoriche, per evitare il sovraffollamento dei laboratori che non potrebbero reggere un elevato numero di studenti, tutte di area medica che terminerà con un test di accesso al secondo anno».

La selezione quindi arriva al secondo anno. Il primo anno sarà comune per medicina, odontoiatria, chimica e tecnologie farmaceutiche, farmacia, biologia e biotecnologia. Lo scorso anno gli studenti immatricolati a questi corsi di laurea erano, complessivamente 52mila, quest’anno quasi 55mila: una cifra che si avvicina ai 65mila candidati all’attuale test di ingresso. Molti esclusi dal test infatti restano nell’area delle scienze e della medicina come biologia e farmacia. Quindi i conti potrebbero tornare. Poi, alla fine del primo anno, avviene la selezione attraverso il raggiungimento di un numero minimo di crediti agli esami e tramite un test cosiddetto “a soglia” per il quale chi ha ottenuto un voto minimo entra sicuramente in una delle facoltà. Il primo classificato ovviamente accede alla facoltà indicata come prima scelta e poi si va a scalare nelle altre. Un volta terminati i 6 anni, si passa alle specializzazioni: altra nota dolente per gli aspiranti specializzandi a causa del numero di borse sempre troppo scarso rispetto alle necessità. 

«Prevediamo due o tre test di accesso all’anno – spiega Tuzi - rispetto alla data unica attuale che provoca un’attesa di circa 1 anno. Cambia il contratto, in cui l’università mantiene la regia della formazione ma avviene una migliore regolamentazione della rete formativa coinvolgendo gli ospedali del territorio, in grado di mantiene gli standard qualitativi. Inoltre gli ultimi due anni della specializzazione diventano ibridi: con contratti di formazione - lavoro a carico delle Regioni, con maggiori diritti e tutele per il lavoro degli specializzandi, mantenuta sempre sotto la supervisione del tutor. I fondi risparmiati dal ministero andranno a finanziare nuove e ulteriori borse». 
Lorena Loiacono
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