Maritan torna a casa e rivela:
«Maniero ha taciuto 11 delitti»

Domenica 23 Ottobre 2016 di Maurizio Dianese
Maritan torna a casa e rivela: «Maniero ha taciuto 11 delitti»
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Undici omicidi. E una rapina. Ma c'è anche un innocente condannato all'ergastolo, nelle memorie di Silvano Maritan, il boss del Veneto orientale. Settant'anni (33 passati in carcere), Maritan è tornato a casa da pochi giorni a San Donà - e apre l'archivio dei suoi ricordi perché vuole raccontare anche in un libro la sua verità. «Non è la mia verità, è la verità. Felice Maniero si è dimenticato di 8 episodi per un totale di 11 morti ammazzati, ma soprattutto ha condannato all'ergastolo, sulla base delle sue dichiarazioni, un innocente per un triplice omicidio che quello non ha commesso».

E la rapina?
«Partiamo proprio da quella rapina alle Poste di Mestre del 26 ottobre 1982 per dimostrare che io non cerco vendetta, ma verità. Sono stato io a dire che non era stato Felice Maniero. Io sapevo bene chi era stato perchè in carcere avevo conosciuto due di quelli che hanno fatto il colpo, due tossici di cui non voglio fare il nome perché sono ancora vivi e anche se il reato è andato in prescrizione, bè insomma non voglio fare i nomi. La rapina l'hanno fatta loro e hanno anche dimenticato lì 2 miliardi di lire perchè erano fatti. Hanno portato via solo 750 milioni. Giuseppe Lazzari, un pentito che poi è stato sconfessato perché raccontava un sacco di balle, aveva accusato Felice Maniero e Maniero era stato processato e condannato. E io invece ho contribuito a farlo assolvere da quella rapina. Perché io non ce l'ho con lui, io voglio la verità, ma voglio che anche lui paghi per quello che ha fatto».

Ma dopo tanti anni Maniero è uscito di scena nel 1995 che senso ha rinvangare queste vecchie storie? A parte voi e i parenti delle vittime, chi si ricorda della banda del Brenta? Tra l'altro lei è colpevole di aver aiutato Maniero nella sua ascesa. E' lei che gli ha portato in dote il maresciallo dei carabinieri Angelo Paron, è lei che gli ha fatto conoscere Raniero Erbì, l'agente di custodia del carcere di Padova che lo ha aiutato a fuggire dal Due Palazzi, è lei, infine, che lo ha messo in contatto con la mafia e la camorra... 
«Non esageriamo. E andiamo con ordine. Io Felice Maniero lo conosco nel 1980, quando Gino Pedrosin, un ladro di grandissimo valore che controllava anche i cambisti del casinò di Venezia, chiede un mio intervento per abbassare il pizzo che Maniero ha fissato e che i cambisti devono pagare se vogliono continuare a lavorare nella casa da gioco veneziana. Pedrosin mi dice che al raid guidato da Maniero contro i cambisti aveva partecipato anche un certo Mario D'Agnolo, che faceva parte della banda di Francis Turatello, il quale era stato in carcere con me. Solo che Turatello in quel periodo era ancora in galera e io certo non potevo andare a trovarlo e così sono andato da un amico napoletano, Nunzio Guida, che stava a Milano e che avevo conosciuto a Jesolo durante l'estate perché riforniva il litorale di pacchi: coperte in pura lana, vestiti, orologi di marca che, al momento della consegna diventavano mattoni o carta straccia».

Un galantuomo...
«Nunzio Guida dopo qualche giorno mi avvertì che aveva parlato con Mario D'Agnolo e che aveva trovato un accordo. Da quel momento in poi i cambisti del Casinò di Venezia hanno pagato la metà di quello che aveva chiesto Maniero. Un solo cambista non accettò questo compromesso: Eugenio Pagan detto Neno. E Maniero lo ha fatto uccidere. Con lui c'era anche il suo compagno, Cosimo Maldarella. Sandro Radetich, fu lui ad eseguire l'omicidio ordinato da Maniero, uccise anche Maldarella perchè non poteva certo lasciare testimoni».

Sandro Radetich non può né smentire né confermare perché è sparito nel nulla vent'anni fa. 
«L'ha ammazzato Maniero. Lui, assieme a suo cugino Giulio e allo zio Renato Maniero».

Continuiamo con gli omicidi che Felice Maniero non avrebbe confessato.
«C'è Zeno Bertin, lo ha ammazzato lui, Felice Maniero. Poi c'è l'omicidio di Paolo Bogo, l'ha fatto ammazzare sempre lui, Felice».

Ma se Bogo è stato ucciso dai fratelli Rizzi?
«Sì, ma su ordine di Maniero».

Perché?
«Avevano scoperto che stava collaborando con i magistrati. Anche lui come Bertin. E' stato fatto fuori per questo. Questa è una storia che racconterò nel dettaglio nel libro perchè Maniero e pure il sottoscritto venne a sapere che Paolo Bogo era un infame per puro caso. L'avvocato di Maniero, Anselmo Boldrin, era andato nell'ufficio del giudice Pavone perchè aveva bisogno di copia del fascicolo processuale per cui stavano processando Maniero, che era detenuto a Fossombrone. Ebbene, per un errore la segretaria di Pavone aveva consegnato a Boldrin il fascicolo secretato di Bogo e lui, senza nemmeno guardarlo, lo aveva passato a Maniero. E' a quel punto che Maniero prende due decisioni, la prima è di far uccidere Bogo e la seconda è di far finta di collaborare. Tant'è che si fa sparare una raffica di mitra contro casa e così ha la scusa di chiamare in carcere il giudice Pavone e fargli sapere che ha paura e che vuole parlare. Ma poi non apre bocca e intanto Bogo viene ucciso».

Poi?
«Poi c'è Loris Benvegnù, anche lui ucciso personalmente da Maniero per un ammanco di 250 milioni di lire. E sempre per soldi voleva fare fuori pure il sottoscritto. Diceva che gli avevo rubato un sacco di soldi e non era vero».

E come mai lei è ancora vivo? 
«Lui aveva mandato cinque dei suoi a farmi fuori e uno di loro mi ha avvertito. Io l'ho aspettato sotto casa con un fucile a pompa».

Chi, Maniero? 
«Certo».

E come è finita?
«Che un giorno c'era troppa polizia, era subito dopo l'omicidio di Bogo, e un'altro giorno Felix era in compagnia. Fatto sta che ho lasciato perdere e sono andato in Brasile, a meditare» - commenta, ironico. 

E adesso continua a meditare, vendetta. 
«Ma no, giustizia. Voglio che paghi anche lui. Deve pagare anche per quegli 11 omicidi che non ha confessato e di cui dice di non sapere nulla. Io l'ho saputo da lui che li ha commessi o li ha ordinati, quegli assassinii».

Perché non li ha confessati? Uno più uno meno non gli sarebbe cambiato nulla perché aveva gli sconti come collaboratore di giustizia,no? Maniero ha preso 12 anni per altrettanti omicidi e un centinaio di rapine, ne poteva confessare altri duecento e non sarebbe cambiato nulla. 
«Non li ha confessati perché avrebbe dovuto raccontare del coinvolgimento di suo zio Renato e di suo cugino Giulio, che ha invece salvato. Tant'è che l'omicidio di Orlando Battistello, Giulio lo ha confessato solo quando non poteva più negare, visto che lo avevo incastrato prima io e poi Sergio Baron. Sia Giulio che Felice se n'erano dimenticati, guarda un po'. Quindi non è la prima volta che Felice Maniero fa il furbo».

Torniamo all'elenco dei morti ammazzati. 
«Poi c'è Stefano Carraro detto Sauna. Anche lui ucciso per soldi assieme alla sua compagna, Fiammetta Gobbo. Sono stati Giulio Maniero e Orlando Battistello che poi è stato fatto fuori a sua volta da Giulio Maniero sempre su ordine di Felice. A quanti siamo?».

A 9. 
«E poi c'è Ermes Bernardinello.»

E siamo a 10. Basta? 
«No, ci sarebbe anche Pasquale Gobbi. Anche lui ucciso da Giulio su ordine di Maniero».

Siamo a 11. Chiudiamo il capitolo dei morti ammazzati non confessati da Maniero e apriamo quello dell'innocente condannato all'ergastolo sulla base delle dichiarazioni di Felice Maniero. Com'è la storia?
«Si tratta di Gino Causin, accusato da Maniero di aver partecipato all'omicidio dei fratelli Rizzi e di Gianfranco Padoan».

Accusato ingiustamente?
«Causin si è beccato l'ergastolo ed è innocente. Sapeva che quel giorno i Rizzi sarebbero stati uccisi e si è costruito un alibi proprio perché non voleva essere coinvolto in quell'assassinio». 

L'omicidio dei fratelli Rizzi e di Gianfranco Padoan risale al 10 marzo 1990. Gino Causin faceva parte della banda dei cosiddetti mestrini che aveva chiesto a Maniero di togliere di mezzo i fratelli Rizzi i quali avevano ammazzato uno del clan, Giancarlo Millo, detto el marziàn. Per costruirsi l'alibi e non partecipare all'omicidio, Causin il 10 marzo del 1990 decide di passarlo con una donna che allora era la sua amante. Va da un fiorista e si fa notare perchè compra un enorme mazzo di fiori per l'8 marzo, festa della donna, anche se decisamente fuori tempo massimo. Poi si reca all'appuntamento e passa la serata e la notte con questa donna. E' convinto che nel giro di pochi giorni salterà fuori la storia dei tre morti ammazzati e lui a quel punto esibirà lo scontrino del fiorista e la testimonianza della donna. Ma passano i mesi e gli anni e non succede nulla. 

Del triplice omicidio si riparla nel maggio del 1995, 5 anni dopo, quando Maniero inizia a parlare. Il boss sostiene che a sparare sull'argine del Brenta sono stati in 8 e tra questi c'era pure Gino Causin. La testimonianza del boss è smentita da Paolo Pattarello. Ma Pattarello non viene mai interrogato come non viene mai sentita l'amante di Causin. La Corte d'assise d'Appello, che confermerà l'ergastolo per Causin, dirà che la testimonianza della donna sarebbe stata ininfluente dal momento che Causin avrebbe potuto partecipare all'omicidio verso le 20 e in mezz'ora trovarsi a casa della donna, a Mestre, per costruirsi un alibi. In ogni caso Causin secondo la Corte ha partecipato alle fasi preparatorie dell'omicidio dei Rizzi e quindi va condannato. Solo che la differenza è tra l'ergastolo e vent'anni di galera. Maritan, accusato di aver partecipato solo alla fase decisionale dell'omicidio infatti, si è preso 21 anni e 6 mesi, Causin l'ergastolo. Ma questa donna esiste? Il Gazzettino ha rintracciato la signora. 

«Cosa vuole che mi ricordi a distanza di tanti anni? Io non sono mai stata interrogata. Se potessi fare qualcosa per Gino, lo farei, mi è dispiaciuto tanto per l'ergastolo, è vero che in quel periodo stavo con lui, ma nessuno mi ha mai chiamato a testimoniare. E, comunque, con tutta la buona volontà di questo mondo non posso ricordarmi che cosa ho fatto il 10 marzo di 26 anni fa, non crede? I fiori? Mi pare che solo una volta si sia presentato da me con un mazzo di fiori. Sì, una volta in tutto. La data, no non me lo ricordo. Erano quegli anni, sì, però... come faccio a ricordare?» 

Però sarebbe stato interessante aggiungere anche il suo non ricordo, però... alle mille contraddizioni messe in luce dal difensore di Causin, l'avv. Giovanni Gentilini, a proposito di quel triplice assassinio, a cominciare dal fatto che sarebbero salit iin 7 su una utilitaria. Ma non c'è stato finora nulla da fare: Causin resta in carcere e sulla sua scheda c'è scritto: fine pena: mai. 
«Ma Causin non c'entra niente, come non c'entro io con quel triplice omicidio. Maniero aveva accusato anche me e io ho dimostrato, passaporto alla mano, che ero in Brasile e così mi hanno condannato solo per la partecipazione alla fase preparatoria dell'omicidio.»

E allora perchè Maniero ha fatto i vostri nomi assieme a quelli degli altri? Tutti gli altri hanno ammesso
«Ha fatto i nostri nomi perché voleva toglierci di mezzo tutti. Aveva paura che ci vendicassimo, per questo ci ha fatti mettere tutti dentro.»

E...?
«E niente. Se ci fosse giustizia, allora qualcuno penserebbe a tirar fuori Causin e a mettere dentro Maniero.»
Ultimo aggiornamento: 13:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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