Passa la linea del Veneto: dopo la sconfitta via subito ai congressi della Lega

Mercoledì 28 Settembre 2022 di Alda Vanzan
Il consiglio federale della Lega
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VENEZIA - Dicono che sia la vittoria dei territori, in primis dei veneti.

Perché i tanto richiesti congressi si faranno. Con un timing preciso: entro l'anno tutti i congressi di sezione e i provinciali, a seguire i regionali. C'è chi dice entro gennaio, chi entro marzo. Non solo: la Lega «chiederà di inserire il tema dell'autonomia nel primo Consiglio dei ministri». Nessuno ha chiesto le dimissioni di Matteo Salvini - anzi, al segretario è stata rinnovata «la fiducia» - ma le quattro ore di confronto in via Bellerio hanno sortito un risultato atteso dai militanti: finalmente si vota. In Veneto non ci saranno più commissari, torneranno i segretari eletti dalla base. L'unico dubbio, visti i precedenti, è: l'impegno sarà mantenuto?


LA NOTA
Il consiglio federale della Lega, riunito ieri pomeriggio in via Bellerio, è immortalato nella foto di classe, nei banchi in prima fila il segretario Salvini e i governatori Luca Zaia, Attilio Fontana, Massimiliano Fedriga più il vicesegretario Lorenzo Fontana. Una fila dietro Maurizio Fugatti e Giancarlo Giorgetti. In fondo il commissario veneto Alberto Stefani. In tutto trentasei componenti. A consiglio ancora in corso, da via Bellerio è stata diffusa una nota di commento al voto di domenica: C'è rammarico per la percentuale raggiunta, che si sperava migliore e che molti hanno spiegato con la convivenza forzata con Pd e 5Stelle. È emersa soddisfazione per i 95 parlamentari eletti, che Salvini riunirà giovedì pomeriggio a Roma. E ancora: In apertura è stato sottolineato il calendario di tutti i congressi da celebrare nelle città entro la fine di ottobre: ad oggi sono già stati rinnovati ed eletti 767 segretari cittadini sui 1.367 totali (quasi il 60%), a seguire verranno rinnovati anche tutti i segretari provinciali e, a seguire, quelli regionali. La nota ufficiale non riporta le date entro le quali andrebbero celebrati i congressi provinciali e regionali, ma la scadenza - da quanto è trapelato - sarebbe gennaio o, al più tardi, marzo.
A porre il tema dei congressi è stato anche il governatore del Veneto Luca Zaia: «Considero fondamentale - avrebbe detto - che la stagione dei congressi abbia compimento». Ma il presidente del Veneto è andato oltre: la sua proposta è stata di far votare «tutti i tesserati», superando la logica dei delegati. Se passasse questa riforma la base si scoprirebbe protagonista, parte attiva del movimento in tutti i voti interni. Zaia avrebbe chiesto anche un partito più identitario, sottolineando che il crollo dei consensi non può essere addebitato solo alla partecipazione al governo Draghi ma anche a problemi interni al partito.


I COMMENTI
«Abbiamo discusso dei congressi, è andato tutto bene», ha detto il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga al termine del consiglio federale. Salvini sì o Salvini no, gli hanno chiesto i cronisti. E lui: «Salvini sì». Sulla stessa linea il governatore lombardo Attilio Fontana: «Benissimo». Anche il presidente della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, dalla macchina ha mostrato il pollice alzato a chi gli chiedeva come fosse andato il vertice. «Bene, bene», le parole del vicesegretario Andrea Crippa. Quanto al prossimo nuovo governo, come riferito dal capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, la richiesta è di «un ruolo da protagonista» per Salvini.


FERMENTO
Se nessuno ha messo in discussione la segreteria di Salvini, la vecchia guardia del partito è tuttavia in subbuglio. Da Umberto Bossi a Bobo Maroni, da Roberto Castelli a Giuseppe Leoni e Paolo Grimoldi, in tanti pensano che la Lega nazionale lanciata anni fa dall'ex ministro dell'Interno debba lasciare il terreno al ritorno della vecchia Lega Nord. A peggiorare il clima interno al partito, la bocciatura dopo 35 anni di presenza ininterrotta in Parlamento di Umberto Bossi in un collegio considerato blindato. Una notizia che lo stesso padre del partito non ha preso per niente bene: dalle urne, ha detto, è arrivato un messaggio «chiaro ed inequivocabile» e cioè «il popolo del Nord va ascoltato». Una falla che Salvini ha tentato di tamponare caldeggiando la nomina a «senatore a vita: sarebbe il giusto riconoscimento dopo trentacinque anni al servizio della Lega e del Paese».
L'ex segretario Bobo Maroni, dalle colonne del Foglio, ha attaccato Salvini: «Si parla di un congresso straordinario della Lega. Ci vuole. Io saprei chi eleggere come nuovo segretario». Netto Roberto Castelli: il voto segna «la fine della stagione della Lega nazionale e centralista. Salvini non farà nulla per il Nord». Poi la frase più sferzante: «adesso Salvini dovrebbe cambiare nome al partito. Lega Salvini premier è démodé».
 

Ultimo aggiornamento: 18:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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