Il mercato dell'occupazione in Veneto torna a vedere i livelli pre-Covid.
LE CAUSE
La lettera pubblicata in questa pagina è un esempio eloquente del fenomeno. Donazzan ne indica alcune cause: «Blocco dei licenziamenti ancora in corso (per il sistema moda, ndr.), reddito di cittadinanza che dissuade dall'accettare le opportunità di lavoro e, nel contempo, favorisce però il lavoro nero. Avremmo dovuto già rivedere le condizioni del reddito di cittadinanza e degli ammortizzatori, obbligando il disoccupato o il sussidiato ad accettare l'offerta di lavoro, pena la perdita del sussidio. Ulteriore problema è rappresentato dall'incertezza che le imprese si trovano ad affrontare, legata all'aumento esponenziale dei costi della produzione tra materie prime e logistica. Di conseguenza, si ricorre alla proposta soprattutto di occupazioni a tempo determinato e di breve durata».
LE FORMULE
Secondo gli analisti, non a caso, la crescita è interamente imputabile ai contratti a tempo determinato, premiati dalla riapertura delle attività soprattutto stagionali: a luglio sono quasi 40.000, in salita del 12%. Aumentano anche l'apprendistato (+8%), il lavoro intermittente e domestico, i tirocini e i collaborazioni, mentre i contratti a tempo indeterminato mostrano una perdita di 1.200 posizioni (-13%). A beneficiare maggiormente della ripresa del lavoro a termine, soprattutto nel turismo, sono i giovani e le donne, i cui volumi di assunzioni superano i valori pre-Covid, dopo che nel primo semestre la componente femminile aveva patito un calo del 19% rispetto al -15% degli uomini.
LE CARATTERISTICHE
Quanto ai settori, a luglio i saldi registrati nel commercio e nel turismo sono decisamente più positivi rispetto allo stesso mese del 2019. «È l'effetto delle riaperture che, sia nell'anno in corso che nel 2020, hanno fatto sì che il reclutamento che era mancato nei mesi precedenti si concentrasse in quelli estivi», osserva Veneto Lavoro. Tra maggio e luglio, infatti, il turismo ha visto più assunzioni che nel corrispondente periodo del 2019 (57.000 a fronte di 50.000), ma estendendo l'osservazione ad aprile si nota come il divario sia ancora consistente (61.000 contro 70.000). A livello territoriale, gli ingaggi si mostrano in crescita dappertutto, anche nella provincia di Venezia, che insieme a Verona è stata la più colpita dagli effetti della pandemia e che ciononostante segna un incoraggiante +19%. Fa eccezione Belluno: -23%.
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