Il 14,4% dei laureati in informatica e tecnologie ICT nelle università del Nordest trova lavoro all’estero 5 anni dopo l’ottenimento del titolo di studio. Il dato, riferito al 2021, è in crescita rispetto al 2016 quando la quota si fermava al 12,4%, e segnala una maggiore propensione alla mobilità rispetto ad altri lavori. Una tendenza ancora più significativa perché saper scrivere software è una delle competenze di cui più il mercato italiano ha fame.
Cervelli in fuga: perché i laureati se ne vanno
Ingegneri e medici laureati in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige emigrano in misura decisamente minore rispetto agli informatici. Tra i primi solo il 7%, la metà degli informatici (dato del 2021 a 5 anni dalla laurea) e con un trend in discesa: erano l’8,6% nel 2016. In ambito medico-sanitario-farmaceutico tale quota si abbassa ancora al 2,1% (il 3,3% nel 2016). «La nuova emigrazione italiana – commenta Luca Romano – è frutto dell’integrazione dei mercati del lavoro nazionali nel mercato del lavoro europeo e nordamericano. Gli attrattori prima del Covid erano le grandi metropoli globali. Oggi la “caccia ai talenti” si è strutturalmente modificata perché le economie dei flussi hanno in corso una profonda riorganizzazione spaziale e sociale. Le città e i territori non globali si ricompongono a un livello di medio raggio. È il caso del rapporto di Milano con la Lombardia». I nuovi fattori competitivi sono riassunti nell’acronimo AASS: Ambiente, Abitare, Salute, Sapere. «Assistiamo a una riterritorializzazione ecologica delle imprese – prosegue l’autore della ricerca –, a una domanda di qualità della vita anche nell’abitare, a una maggiore attenzione alla salute e ai servizi per la cura e a una crescente competizione tra agenzie formative superiori. Questi processi spiegano la crescita potente della domanda di talenti da parte delle imprese».
Londra capitale dei laureati italiani, Belluno capitale degli expat del Nord
Regno Unito, Germania e Francia sono sul podio delle tre destinazioni più gettonate degli italiani all’estero. Ma è Londra la “capitale” dei qualificati. Lì si concentra il 45% degli italiani residenti in UK, una popolazione in cui i laureati rappresentano ben il 39%, più del doppio della quota di laureati in Italia (solo il 16%). Il 18,2% dei migranti italiani nel Regno Unito è formato da impiegati, il 10,1% lavora nel settore Horeca (ristorazione, bar e alberghi) e al terzo posto si posizionano gli studenti, pari al 9,8%. Da una prospettiva opposta, Belluno emerge come la provincia del Nord Italia con la più alta percentuale di emigrati: sono 56.965, pari al 28,7% del totale dei residenti (dati Aire 2021). Ogni quattro bellunesi che risiedono nella provincia veneta, ce n’è uno che vive all’estero. Una quota ancor più alta tra i giovani: i bellunesi tra i 18 e i 34 anni iscritti all’Aire al 2021 sono 12.077, il 37,9% dei giovani che vivono nella provincia montana. In generale, i fenomeni migratori di laureati in uscita dalle regioni del Nordest interessano soprattutto la classe 25-39 anni, in particolar modo in Veneto.
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