Emanuele, 16 anni, ipovedente: un trapianto di cuore gli ha ridato la vita

Domenica 9 Dicembre 2018 di Susanna Salvador
Emanuele col papà
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Ha solo 16 anni, compiuti e festeggiati nel reparto di Terapia intensiva del Cattinara di Trieste, ma da tempo ha indossato la corazza di un guerriero che le carezze di mamma Cristina e papà Andrea rendono ancora più forte. Emanuele ha combattuto la battaglia per la vita al Santa Maria della Misericordia, nell'attesa di un cuore nuovo del quale aveva disperatamente bisogno. Il più presto possibile. Ed è arrivato, il trapianto è stato eseguito ed Emanuele è tornato a casa, «anche se di strada da fare ce n'è ancora», sottolinea il papà che, tra un sorriso e una lacrima ricacciata silenziosamente indietro, racconta le montagne di dolore e paura che hanno dovuto scalare.
DIAGNOSI - 5 anni fa, durante una visita oculistica di routine, a Emanuele viene diagnosticata una malattia mitocondriale, una patologia rara che colpisce gli organi vitali, a causa della quale ha perso poi la vista. I genitori sono sconvolti, increduli, ma capiscono subito che bisogna lottare, e nel ragazzino trovano una forza inesprimibile. Ha undici anni quando viene preso in cura all'Istituto Besta di Milano, centro nazionale di riferimento per questo tipo di malattia. I medici spiegano loro che Emanuele dovrà sottoporsi periodicamente a degli esami. E dal 2017 a controlli cardiologici al Burlo Garofalo di Trieste.

Tutti gli accertamenti al Burlo sono negativi, fino a quello che ha stravolto ancora una volta la vita di questa famiglia. Il 15 ottobre scorso Emanuele, mamma e papà vanno a Trieste, per un esame cardiologico fissato da tempo. «Ma quando arriviamo al Burlo scopriamo che l'appuntamento è stato annullato - racconta Andrea -. Stavamo per andarcene quando un'infermiera ci ha detto che, visto che eravamo già lì, lo avrebbero fatto lo stesso Ed è stato questo a salvare la vita di mio figlio». Cristina e Andrea capiscono che c'è qualcosa che non va, che c'è un insolito trambusto. Fino a che arriva la psicologa dell'ospedale e spiega loro che Emanuele è in pericolo di vita perchè ha tre trombi nel cuore. Se non si fossero accorti, sarebbe potuto morire nel sonno.
L'ATTESA
E ricomincia la battaglia mai finita. Emanuele dal Burlo viene trasferito al Cattinara e tre giorni dopo al Santa Maria della Misericordia di Udine, «uno dei tre centri italiani di eccellenza per i trapianti», sottolinea Andrea. «Non sapevamo se si poteva operare, per questo i medici della terapia intensiva dell'Unità coronarica hanno fatto consulti internazionali e hanno scoperto che erano documentati tre casi di trapianto con questo tipo di malattia». Andrea firma le carte per acconsentire all'operazione: Emanuele ha bisogno subito di un cuore nuovo. «E se con il cuore nuovo non vi vorrò più bene? E se mi mettono il cuore di un rockettaro?», chiede insistentemente Emanuele ai genitori. Emanuele che ama la musica lirica, l'arte e la storia. Emanuele che durante il suo lungo ricovero chiedeva al papà di registrargli i programmi che trasmettevano le opere e quando poteva si beava tra le note di Rossini. Katia Ricciarelli ha mandato un video con dedica a Emanuele. E il cantautore Vinicio Capossela, che ha scritto una canzone che porta il cognome della famiglia del ragazzino, a sua volta gli ha mandato un video modificando il testo con Siamo dalla parte di Emanuele.
IL TRAPIANTO
Passano i giorni, e il primo novembre arriva la tanto attesa notizia: c'è un cuore, forse è compatibile. Emanuele entra in sala operatoria e, dopo quattro ore l'intervento è terminato. «Ma non bisogna dimenticare che una volta fatto il trapianto è sì stato fatto tanto, ma non tutto», ricorda il papà. Il rischio di rigetto è una sorta di spada di Damocle che dovrà tenere a lungo sotto controllo. Il giovane guerriero continua a lottare: ha vissuto un'infanzia complicata, ha perso la vista, non va in bici, non corre dietro a un pallone. Ma ama la musica lirica, la storia. «In ospedale non ha mai pianto, non si è mai lamentato anche se gli hanno fatto di tutto - racconta il papà commuovendosi -. Aveva visto e rivisto uno speciale su Barnard, il cardiochirurgo, e sapeva perfettamente a cosa andava incontro, che il primo trapiantato era vissuto 18 giorni, e dopo l'operazione li ha contati tutti». Andrea ha raccontato questo lungo percorso su Facebook, letto da migliaia di persone. Ora Emanuele è a casa, e il papà vuole ringraziare gli infermieri di Unità coronarica di Udine, «meravigliosi, spettacolari» e cardiologia (primario Proclemer), e tutto il personale anche di cardiochirurgia, oltre all'equipe che lo ha operato (Vendramin, Livi e Tursi). Emanuele era il paziente più piccolo.
Susanna Salvador
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Ultimo aggiornamento: 10 Dicembre, 11:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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