La sfida dei ristoratori: «Apriamo per non morire»

Venerdì 15 Gennaio 2021
La sfida dei ristoratori: «Apriamo per non morire»
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Il governo ha promesso nuovi ristori per miliardi e c'è l'idea di limitare i nuovi divieti per l'asporto solo agli alcolici e alle bevande, ma saranno migliaia in tutt'Italia e molti anche nel Nordest i ristoratori che oggi sfideranno i divieti e le sanzioni tenendo aperto dopo le 18. La protesta online del movimento «Ioapro» diventata virale terrà alzate le saracinesche anche del Nordest, da Padova - dove rimarrà aperto anche il bar di Vo', il paese della prima vittima italiana di Covid - a Treviso (dove il dissenso sarà soprattutto dimostrativo: luci accese nei ristoranti ma nessun servizio per i clienti) e a Venezia c'è chi è pronto a sfidare i decreti anche nei prossimi giorni.

In un mosaico di iniziative che ha visto le organizzazioni di settore smarcarsi per timore che l'esasperazione degli esercenti diventi qualcosa di più violento (stigmatizzando però l'ennesima incertezza sui provvedimenti del governo) e i prefetti ad avvertire che i controlli saranno aumentati e non ci saranno sconti.


INCERTEZZA SULLE REGOLE
Non aiuta ad avere certezze la crisi di governo anche se il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia rassicura: «Non ci impedirà di correre per garantire tempi rapidi» sui ristori, confermando «interventi cospicui» su bar, ristoranti e su tutte le attività penalizzate dalle chiusure. Ma oltre ai danni economici pesa anche l'incertezza sulle nuove disposizioni: «Siamo come al solito in attesa del decreto del presidente del consiglio, come si fa a programmare un'azienda in questo modo?», dice Cristiano Gaggion della Confartigianato del Veneto che con lo stop all'asporto dopo le 18 da domani segnala nuove difficoltà per almeno 4mila attività regionali, dalle pasticcerie ai ristoranti. Altro che movida. A livello nazionale potrebbero essere in «30-40mila» ad aprire a costo di ricevere sanzioni: possono arrivare a 3mila euro e alla sospensione della licenza, senza escludere l'ipotesi di contestazione penale per procurato contagio.
Sui colli Euganei, nel Padovano, sarà aperta anche e soprattutto la locanda al Sole di Vo', dove lo scorso febbraio tutto è cominciato: era il ritrovo fisso di Adriano Trevisan, prima vittima italiana dell'emergenza Covid, e Renato Turetta, l'amico morto anche lui pochi giorni dopo. «Perché aderisco a questa iniziativa? Provate voi a stare cinque mesi senza stipendio e con un sacco di cose da pagare - spiega uno dei soci, Alessio Guerra -. Di prima mattina aprirò, poi si vedrà come andrà. Le multe? Non ci pensiamo, se arriveranno le forze dell'ordine vedremo». A Padova e provincia i locali che hanno dato la conferma di essere aperti oggi potrebbero essere decine. E il prefetto Renato Franceschelli ha già dato una chiara indicazione ai vertici delle forze dell'ordine: «Chi viola la legge pagherà le conseguenze. La Digos sta monitorando i social e le forze dell'ordine faranno i controlli». Il questore Isabella Fusiello ricorda che «i comportamenti contro la legge non sono giustificabili» e auspica che «ci siano solo azioni dimostrative con luci accese e serrande alzate, non situazioni pericolose per la salute».
E se a Pordenone la protesta sembra limitata a una decina di locali in città e nell'hinterland, a Treviso ci si è organizzati. «Bar e i ristoranti, indipendentemente dalle sigle delle associazioni o dei sindacati cui aderiscono, sono esasperati da questo lungo periodo di sacrifici, fatto di poca chiarezza e decreti fisarmonica - spiega Dania Sartorato, presidente della Fipe Confcommercio della Marca -. Chiediamo a tutti i soci che accendano le luci nei propri locali mantenendo però la chiusura al pubblico: per far capire che non solo il 15, ma ogni giorno, siamo ancora vivi». Ma qualcuno alzerà la sfida.
Anche a Belluno il prefetto Sergio Bracco è stato chiaro: «Nessuna tolleranza». Ma c'è chi terrà aperto, per esempio un ristorantino a Forno di Val di Zoldo. Una quindicina di locali in Valbelluna e altrettanti nel Feltrino, metteranno in atto una disobbedienza pacifica: cene virtuali senza clienti come suggerito da Veneto Imprese Unite. Anche a Rovigo pronti controlli a tappeto e associazioni di categoria compatte per tenere chiuso. Si annunciano pochi casi di ribelli. «Siamo assolutamente preoccupati per la situazione ma non possiamo appoggiare manifestazioni che possono degenerare. C'è il rischio di ritrovarsi con una denuncia e di non aver ottenuto nulla - avverte Massimo Zanon, presidente della Fipe di Venezia -. Il governo sa perfettamente la situazione. Credo che alla fine a tenere aperto sarà una una minoranza. È vero, queste regole sono assurde. Da mesi cerchiamo di spiegare in tutti i modi ai ministri che questi giri di vite parziali non servono a nulla: o chiudi tutto o sono solo dei palliativi. Ma ora non è il momento dell'ira ma di portare a casa provvedimenti concreti».
Maurizio Crema

Ultimo aggiornamento: 09:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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