«Inno di Mameli obbligatorio nelle scuole elementari». Ma la Lega boccia Fratelli d'Italia

Giovedì 17 Marzo 2022 di Alda Vanzan
Un tricolore
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VENEZIA - Scene da una scuola: oggi, 17 marzo, suona la campanella, gli alunni delle elementari, delle medie e delle superiori si mettono sull'attenti. Schiena dritta, mano sul petto, un coro unanime: Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta, dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa.
Così vorrebbe Raffaele Speranzon, capogruppo di Fratelli d'Italia in consiglio regionale del Veneto, che ieri in Prima commissione ha illustrato la propria proposta di legge statale di iniziativa regionale per rendere obbligatorio il canto dell'Inno di Mameli in tutte le scuole primarie e secondarie «in occasione della Giornata dell'Unità Nazionale, della Costituzione, dell'Inno e della Bandiera», che, appunto, cade il 17 marzo.

Peccato che dalla maggioranza leghista, mai affascinata dal tema e semmai impegnata a strappare a Roma l'autonomia, sia arrivato un puntuto no. Anche se i meloniani sono alleati.


A ROMA

Al netto dei contenuti della proposta di legge in questione, verrebbe da chiedersi come mai i consiglieri regionali del Veneto siano così prolifici nel presentare norme di competenza del Parlamento nazionale, proposte di legge che - come dimostrano le statistiche - anche se vengono approvate a Venezia poi si perdono nella capitale, smarrite o dimenticate in qualche cassetto. Eppure, pur impegnati ad affrontare i problemi del Veneto dalle Alpi al Delta del Po, i nostri hanno tempo anche per suggerire modifiche alle norme nazionali. Tanto per capire l'entità del fenomeno: ieri, all'esame della Prima commissione, su sei argomenti c'erano ben quattro proposte di legge statali, tutte e quattro di componenti della maggioranza: Enrico Corsi sui redditi delle società, Marco Zecchinato sull'Irpef per il terzo settore, Gabriele Michieletto sull'immigrazione e, appunto, Raffaele Speranzon sull'inno d'Italia. Evidentemente per la maggioranza in Veneto va tutto bene e non c'è bisogno di cambiare alcunché.
Alla proposta di far cantare l'inno di Mameli nelle scuole la Lega ha opposto un articolato e dotto rifiuto. Quello del consigliere filosofo Marzio Favero che, pur sostenendo la necessità di studiare l'inno d'Italia ha espresso serie riserve sul fatto di schierare i ragazzini a cantarlo.


LE MOTIVAZIONI

«C'è una legge del 2012 - ha detto Favero - che ha previsto l'illustrazione dell'Inno di Italia nelle scuole. Giustissimo. Così come è giusto cantare l'inno se c'è una inaugurazione. Ma ho qualche dubbio sul fatto che si debba rendere obbligatorio il canto tra gli studenti. Allora cantiamolo il 24 aprile, il giorno prima della Liberazione, assieme a Bella Ciao e alle altre canzoni della Resistenza». Favero non ha dubbi: «Vedere i bambini schierati a cantare l'inno evoca momenti dolorosi. Un conto è lo studio, altro la ritualità di tipo civile e militare imposta per legge. Soffiano troppi venti di nazionalismo e se ne vedono gli effetti».
Ma perché Speranzon ha proposto l'obbligo del canto a scuola? «Ogni anno i nostri istituti sono frequentati da un numero sempre maggiore di bambini figli di migranti provenienti da ogni parte del mondo. L'integrazione di questi bambini e il dovere che abbiamo nell'accompagnarli a essere o diventare orgogliosamente cittadini italiani passa anche attraverso l'insegnamento e la condivisione della nostra storia, della nostra Costituzione e di quei simboli e di quei valori che hanno portato all'Unità e alla nascita della nostra nazione». Spiegazione che la Lega ha respinto: «L'amore per la nazione non coincide con il nazionalismo».

Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 11:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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